Condannati di nuovo, Emilio Fede e Nicole Minetti, per il loro ruolo nelle feste del bunga-bunga ad Arcore. La Cassazione nel settembre 2015 aveva cancellato le prime condanne, sostenendo che nella sentenza ci fosse “un vuoto motivazionale” e che la prima Corte non avesse spiegato “in concreto” le condotte contestate ai due imputati. Ora, al termine del nuovo processo, la Corte d’appello di Milano ha lievemente ridotto le pene – 4 anni e 7 mesi per l’ex direttore del Tg4, 2 anni e 10 mesi per l’ex consigliera regionale e showgirl – ma ha confermato le condanne.
Fede era accusato di favoreggiamento della prostituzione, per aver contribuito ad organizzare nel 2010 le “cene eleganti” di Arcore, e di tentata induzione alla prostituzione, per aver portato alle feste alcune ragazze (Ambra Battilana, Chiara Danese e Imane Fadil) che si erano poi rifiutate di partecipare ai giochi erotici. Minetti rispondeva soltanto di favoreggiamento della prostituzione per il suo ruolo nell’organizzazione delle feste e nella “gestione” delle ragazze. La diminuzione delle pene significa che la Corte li ha ritenuti colpevoli soltanto per alcuni dei fatti contestati, poiché alcune ragazze (come per esempio Raissa Skorchina) erano autonome e per arrivare alla villa di Silvio Berlusconi, l’“utilizzatore finale”, non passavano dalla “mediazione” di Fede e Minetti. Ma saranno soltanto le motivazioni, depositate entro 90 giorni, a spiegare quali sono state le valutazione dei tre giudici d’appello.
I difensori, Pasquale Pantano e Paolo Righi (per Minetti), Salvatore Pino e Maurizio Paniz (per Fede), avevano chiesto l’assoluzione sostenendo che quello che avveniva nelle serate del bunga-bunga non può essere propriamente definito prostituzione. Pantano ha paragonato Nicol Minetti a Marco Cappato. “I fatti, è chiaro, sono diversissimi, ma identico è il meccanismo giuridico”: Cappato può rivendicare di non aver commesso un reato perché quando ha aiutato dj Fabo ad andare in Svizzera per il suicidio assistito, ha agevolato non un reato, ma il libero esercizio di un suo diritto.
“Ma se Cappato non può essere condannato per aver aiutato chi esercita un suo diritto, anche Minetti non può essere condannata per aver eventualmente agevolato la libera scelta di chi, di sua volontà, voleva avere comportamenti sessuali a pagamento: non può essere perseguito chi esercita un suo diritto, né chi lo agevola”. Per questo l’avvocato Pantano aveva chiesto alla Corte di sollevare la questione di illegittimità costituzionale della legge Merlin, nei casi in cui “non c’è costrizione ma libero esercizio”. E l’avvocato Pino aveva sostenuto che “se non c’è violazione della sfera di libertà, come avviene invece nella tratta delle prostitute ‘schiave’, non c’è reato”.
I giudici non li hanno seguiti e hanno invece accolto le argomentazioni del sostituto procuratore generale Daniela Meliota che ha ribadito l’esistenza di quel “sistema prostitutivo” impiantato ad Arcore che era stato delineato in due processi paralleli. Il Ruby 1, con imputato Silvio Berlusconi accusato di prostituzione minorile, per aver fatto sesso a pagamento con la minorenne Karima El Maharug detta Ruby, e di induzione indebita per aver fatto pressioni sui funzionari della Questura di Milano affinché rilasciassero la ragazza che era stata fermata per furto. E il Ruby 2, che aveva portato a giudizio gli organizzatori delle feste, cioè Fede e Minetti, insieme all’impresario tv Lele Mora. Poi Berlusconi in appello è stato assolto, con la motivazione che avrebbe potuto non sapere che Ruby era minorenne e che le pressioni in Questura erano state soltanto gentili richieste. Quanto a Mora, accusato anche di bancarotta, ha chiuso separatamente i suoi conti con la giustizia, accettando una pena di 6 anni e 1 mese di reclusione che sta scontando in affidamento alla comunità Exodus di Don Antonio Mazzi.
La vicenda delle feste di Arcore non si chiude comunque con la sentenza di ieri. Mentre al primo piano del palazzo di giustizia di Milano si concludeva il Ruby 2 bis, in un’altra aula iniziava il Ruby 3, che vede imputato Berlusconi di corruzione in atti giudiziari, per aver pagato, nell’ipotesi d’accusa, le dichiarazioni false o reticenti di molti testimoni dei processi Ruby 1 e 2, tra cui Karima e una ventina di ragazze che partecipavano alle feste. Il dibattimento è stato subito rinviato al 28 maggio, dopo la richiesta dei pm Tiziana Siciliano e Luca Gaglio di riunirlo con il nuovo filone che riguarda quattro “olgettine”, Aris Espinosa, Elisa Toti, Miriam Loddo e Giovanna Rigato, alle quali Berlusconi avrebbe fatto versamenti, per un toltale di circa 400 mila euro, fino all’autunno del 2016.