Friuli Venezia Giulia, lo scontro tra Lega e Forza Italia
La differenza tra Forza Italia e Lega, qui in Friuli Venezia Giulia, si può vedere bene a Gorizia: il movimento di Silvio Berlusconi ha una sede elettorale che occupa due interi piani di un palazzo dove sventolano le bandiere di partito, mentre suona a pieno volume l’inno “Meno male che Silvio c’è”; la Lega invece ha, poco distante, un piccolo gazebo con due sedie e un microfono. Eppure l’apparenza inganna: quello che si vede e la musichetta che si sente sono ormai il passato.
Forza Italia era il primo partito del centrodestra nella regione, mentre la Lega qui non si era mai radicata davvero. Ora il vento è cambiato. Il partito di Matteo Salvini già alle politiche del 4 marzo, con il suo 25,8%, ha stracciato Forza Italia, che si è fermata al 10,7%. Oggi si vota di nuovo, per le regionali, e per Berlusconi potrebbe andare anche peggio: “Votate per Forza Italia, altrimenti i nostri alleati ci faranno fare cose che non vogliamo”, ha continuato a dire nel suo giro elettorale in regione. Un giro pieno di sorrisi, strette di mano e barzellette, che aveva come primo obiettivo quello di non far aumentare il distacco con il partito di Salvini. Domani sapremo se ha funzionato. Certo è che Forza Italia qui nel 2008 aveva il 34,7% e domani potrebbe scendere sotto il 10.
Massimiliano Fedriga, il candidato del centrodestra alla presidenza della Regione, ha continuato a sorridere a tutti, in campagna elettorale, sapendo di essere il favorito. Ha preso una rincorsa lunga, quando Forza Italia ancora pretendeva di candidare un suo uomo: prima Riccardo Riccardi, sconosciuto anche agli elettori forzisti, poi Renzo Tondo, vecchio socialista della Prima Repubblica che nella seconda è riuscito però a battere, nel 2008, il re del caffé Riccardo Illy, presidente uscente per il centrosinistra. Il leghista Fedriga già sfoderava sondaggi segreti Swg che dicevano: va meglio Fedriga, la Lega è più forte. Berlusconi ha resistito fino al 4 marzo: poi, davanti ai risultati delle elezioni politiche,ha dovuto arrendersi.
Ora Max Fedriga, leghista gentile ma molto salviniano, punta a raggiungere il 45 per cento dei voti, perché così scatta il premio di maggioranza che gli garantirà, secondo la legge elettorale regionale, di avere 28 consiglieri su 48. Sotto il 45, ne avrà comunque 26 contro 22, divisi tra Movimento 5 stelle e Pd. Già, il Pd: Sergio Bolzonello, il candidato del centrosinistra, in campagna elettorale ha fatto finta di non sapere che per lui non c’è speranza, brindando “alla vittoria” anche dopo il comizio finale in piazza Cavana, a Trieste. Il suo partito nel 2008 raccoglieva nella regione il 31,3% dei consensi. In dieci anni ha dimezzato gli elettori e assottigliato le percentuali, finendo al 18,7 del 4 marzo, dietro non solo alla Lega (25,8%), ma anche al Movimento 5 stelle (24,6%).
La paura è che oggi questo risultato si ripeta, con il temuto sorpasso da parte del candidato Cinquestelle Alessandro Fraleoni Morgera, ricercatore universitario che pure è rimasto quasi invisibile, tra il Bolzonello che ha tentato di presentarsi come il continuatore di Debora Serracchiani senza però i suoi difetti, e il Fedriga che continuava a ripetere a ogni comizio e a ogni tv: “Serracchiani è scappata a Roma, io che a Roma potevo fare il ministro ho scelto invece la mia terra e la mia gente”.
È inedito il boom della Lega di Salvini, in una regione in cui l’autonomismo e il friulanismo hanno radici più antiche del partito di Umberto Bossi, eppure non sono mai riusciti a diventare un movimento di massa. Il centrodestra, qui, era Berlusconi. La slavina del 2018 che ha spompato Forza Italia e fatto trionfare la Lega è dimostrata dalla cartina (pubblicata dal Piccolo di Trieste) che mostra, comune per comune, chi è il primo partito. Ebbene: tra Salvini e Berlusconi è 155 a 0. Forza Italia non è prima nemmeno in un solo municipio, mentre la Lega lo è in 155 dei 215 comuni. Conquista l’intero Friuli, salvo poche eccezioni, mentre la Venezia Giulia si colora del giallo Cinquestelle, con il movimento di Luigi Di Maio primo in 51 comuni, da Trieste a Gorizia, da Duino a Muggia, fino alla ex “rossa” Monfalcone, città operaia sprofondata nella crisi.
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Al Pd, che un tempo se la giocava con Forza Italia, restano le briciole. È primo in soli otto comuni, tra cui Udine (con il 22,8%, davanti al M5S con il 21,3% e alla Lega con il 20,5%): una buona notizia per i dem in una città che vota anche per il sindaco. Il Pd schiera Vincenzo Martines, che dovrà tuttavia riuscire a battere un centrodestra che, come coalizione, è avanti anche nel capoluogo friulano. In un solo comune, Valvasone Arzene, è primo (con il 36%) il Patto per le Autonomie, lista civica che schiera oggi il quarto candidato alla presidenza della Regione, quel Sergio Cecotti ex leghista, ex presidente della Regione, ex sindaco di Udine con il centrosinistra, professore universitario estroso e geniale, che dice di essere l’ultimo del “benandanti”, i saggi della tradizione contadina raccontati dallo storico Carlo Ginzburg che, osteggiati dall’Inquisizione, proteggevano i villaggi e il raccolto dei campi dall’intervento malefico delle streghe.