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Bicoccagate. Quella microspia in rettorato

Bicoccagate. Quella microspia in rettorato

Il Bicoccagate è ancora sotterraneo. Per ora sono bisbigli imbarazzati nei corridoi dell’Università Milano Bicocca, tra i professori e tra i funzionari. Niente di più. I pochi che sanno si chiedono: chi ha messo una “cimice” in una saletta dell’ateneo dove si tengono le riunioni riservate? A che cosa serviva quella microspia trovata per caso?

I fatti sono del gennaio 2018. In una sala del rettorato, usata di solito per gli incontri dei revisori dei conti, sono riuniti i membri della commissione di gara che deve scegliere il capo della comunicazione dell’università. Il concorso amministrativo è stato bandito a dicembre 2017, per rimpiazzare Giuseppe Festinese, che si è trasferito all’università di Napoli. Presenti all’incontro: la professoressa Chiara Maria Valsecchi, ordinaria di Diritto privato a Padova, nominata presidente della commissione, e i quattro componenti (gli “esperti della materia” Rosa Gatti e Monica Bonfardini, il dirigente area finanziaria Giuseppe Sinicropi e il segretario Paola Teoldi). La presidente si accorge che c’è uno strano oggetto attaccato con il nastro adesivo a una parete, in basso, poco distante dal pavimento. Lo osserva. Lo stacca. Lo esamina. Poi lancia l’allarme: è una “cimice” che stava registrando la discussione in corso.

Vengono subito avvertiti il rettore, Cristina Messa, il direttore generale, Loredana Luzzi, il direttore del personale, Elena La Torre. Il ritrovamento viene tenuto segreto, ma intanto il concorso è sospeso e la responsabile dell’ufficio legale, Emanuela Romeo, manda alla Procura della Repubblica di Milano la microspia e una nota che racconta l’accaduto. Si “segnala il rinvenimento, a opera della commissione, di un dispositivo di registrazione che ha violato la necessaria segretezza delle operazioni concorsuali”. Un apparecchio, neanche troppo sofisticato, in grado comunque di registrare ciò che viene detto nella stanza. Chi ha piazzato la microspia? Per ottenere quale risultato? Doveva carpire proprio le parole della commissione di gara o altri discorsi riservati fatti nella saletta del rettorato?

Di certo la “cimice” aveva già registrato anche le riunioni precedenti della commissione. La gara (due prove scritte, una orale, più la valutazione dei titoli) aveva avuto qualche intoppo: alla prima riunione, un membro della commissione si era subito dimesso denunciando una sua incompatibilità (è incompatibile chi ha rapporti di parentela o di amicizia con qualcuno dei candidati). Era stato sostituito. Le due prove scritte si erano tenute senza altri problemi. Fino alla riunione fatale di gennaio in cui viene scoperto il “cimicione”. Ora la Procura di Milano è al lavoro.

Ibernata la gara, le prove scritte sono state annullate, perché qualcuno potrebbe aver saputo in anteprima i temi proposti. Il concorso è da rifare, sempre con gli stessi 120 concorrenti che si erano iscritti alla prima tornata.

Con 33 mila studenti, 3 mila docenti e 800 addetti del personale amministrativo, la Milano Bicocca è la più giovane delle università milanesi, nata nel 1998 nell’omonimo quartiere cittadino, già sede della Pirelli, progettato da Vittorio Gregotti. Il sito dell’ateneo, anche nelle pagine “amministrazione trasparente”, non lascia trasparire i segni di questa brutta avventura, ancora misteriosa. Il Bicoccagate cova ancora sotto la cenere.

Il Fatto quotidiano, 22 marzo 2018
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