La nuova Lega in cachemirino che punta sulla paura
Per capire che elezioni sono quelle di domenica prossima, basta leggere la lettera mandata agli elettori lombardi dal capolista della Lega in Regione, un tale Gianmarco Senna: “Caro cittadino, sembra impossibile pensare che la Regione Lombardia, una delle più evolute e avanzate d’Europa, si trovi oggi a non poter più assicurare benessere, sicurezza e futuro ai propri abitanti. Ti sembra accettabile”, chiede Senna, “non poterti muovere e vivere nella tua città senza temere per l’incolumità tua e dei tuoi cari? Ti sembra giusto che i nostri quartieri siano diventati insicuri, invivibili e irriconoscibili?”. Ora, mi chiedo, dove vive ’sto Senna? Che ambienti frequenta?
Vive a Milano, dove ha locali e ristoranti di un certo successo, quei posti fighetti dove conta più l’arredo e l’interior design che il cibo (il ristorante “Bianca” tutto bianco, il “Brando Bistrot”, il “Suri” nippo-meneghino, la catena “Fatto Bene Burger”). Nei suoi locali va spesso Matteo Salvini con i nuovi capataz della Lega senza più il Nord, gente che pensa più alla movida che alla politica.
La vecchia Lega (con il Nord) di Umberto Bossi preferiva le osterie e il vino rosso e soprattutto aveva passione per la politica, seppure una politica che a me non piaceva per niente. Ai “baluba” legaioli che giravano in Panda, ora si sono sostituiti i giovanotti con la camicia bianca e il cachemirino che scendono dalla Mini Countryman con ragazze che sembrano appena uscite da un casting. È gente che, di suo, non ha idee cattive, perché non ha proprio idee. Magari hanno un certo fiuto per gli affari e una grande voglia di portare a casa successo e soldi. Ma per la politica – come per le insegne dei loro locali – prendono in prestito le idee che girano, quelle che più servono per ottenere risultati.
Hanno capito che oggi la paura porta voti, così, mentre vivono in una città tra le più sicure d’Europa (lo dicono i dati sui crimini) e si divertono tra i locali della nuova Milano, da cui traggono pure dei bei redditi, cercano voti agitando cinicamente lo spettro della insicurezza e della paura. “Ti sembra accettabile non poterti muovere e vivere nella tua città senza temere per l’incolumità tua e dei tuoi cari?”. Esagera minga, gli avrebbe detto un tempo il vecchio Bossi, al quale pure piaceva esagerare.
Per non farsi mancare niente, ’sto Senna vuole Milano Città Stato: “Milano Città Stato è un progetto che in modo del tutto naturale fonde il mio percorso di imprenditore milanese con il mio progetto politico per Milano e per la Lombardia: immagino una Milano forte, moderna, innovativa e con i pieni poteri che una grande Città deve avere, in una Regione Lombardia finalmente libera, con l’autonomia, di scegliere e costruire il futuro delle proprie imprese e dei propri cittadini”. Parole in libertà, né giuste né sbagliate. Tanto, che importa? La politica è un hobby, per i brillanti affluenti della nuova Milano. Un hobby che può aiutare i loro business, dunque perché non provarci? “Ora, insieme a te, voglio portare la mia esperienza in Regione per migliorare la vita di tutti i cittadini lombardi. Individuare soluzioni concrete per dare risposte certe e rapide ai problemi”.
Questi oggi sono con la Lega (senza Nord) di Salvini, perché il vento della vittoria soffia da quella parte, ma potrebbero tranquillamente essere anche con il Pd efficiente e chic di Giorgio Gori. Cambierebbero il file, chiedendo al loro copywriter di togliere il richiamo alla paura per sostituirlo con una manciata di buoni sentimenti, di solidarietà e accoglienza. Tanto non credono né a quelli né a questi.