Torna Tramonte, il Giano bifronte: fascista e informatore dei Servizi
Torna in Italia Maurizio Tramonte, uno dei condannati per la bomba di Brescia, il Giano bifronte della strage: fascista di Ordine nuovo, ma anche informatore dei servizi segreti. Fuggito in Portogallo dopo la sentenza definitiva che nel giugno 2017 gli aveva inflitto l’ergastolo, era stato subito fermato grazie a un ordine di cattura europeo. Martedì 19 dicembre volerà da Lisbona a Roma, accompagnato dagli agenti della Polizia criminale italiana, e sarà accompagnato al carcere di Rebibbia.
Tramonte aveva 22 anni quando, il 28 maggio 1974, a Brescia scoppiò una bomba in piazza della Loggia, durante il comizio finale di una manifestazione antifascista. Morirono otto persone, 102 rimasero ferite. Fu l’inizio di una lunga, tortuosa, faticosissima storia di indagini e processi, tutti terminati senza condanne fino al 2014, quando la Corte di cassazione annullò le assoluzioni di Carlo Maria Maggi, il capo della cellula veneta di Ordine nuovo, e del giovane ordinovista Tramonte. Nuovo processo d’appello a Milano, che nel 2015 condanna i due e conferma che quella di Brescia è una strage “sicuramente riconducibile” alla destra eversiva. Nella notte del 20 giugno 2017, la Cassazione rigetta l’ultimo ricorso dei due imputati e rende definitive le condanne: per entrambi è ergastolo.
Maggi, vecchio e malato, ha subito la pena sospesa e commutata negli arresti domiciliari. Tramonte invece scompare. Ma viene individuato poche ore dopo a Fatima, in Portogallo: ci era arrivato per chiedere la grazia a Nossa Senhora de Fatima, nel centenario della sua apparizione ai tre pastorelli. Non l’ha ottenuta, la grazia. La condanna è arrivata, 43 anni dopo la bomba di Brescia. Su segnalazione dei carabinieri del Ros, che lo tenevano sotto osservazione, Tramonte è subito arrestato dalla polizia portoghese. Gioca allora le sue ultime carte: presenta ricorso prima alla Corte suprema di giustizia portoghese, poi alla Corte costituzionale del Portogallo. Entrambe respingono.
Così martedì tornerà in Italia il ragazzo che negli anni della strategia della tensione era un fascista, militante di Ordine nuovo, il gruppo che ha certamente organizzato la strage di piazza della Loggia e quella precedente di piazza Fontana: lo sostengono anche le sentenze sull’attentato del 12 dicembre 1969 a Milano, che pure non riescono a condannare nessuno, non avendo prove sufficienti di responsabilità individuali, tranne quelle dell’ordinovista Carlo Digilio, che si era autoaccusato di aver partecipato alla preparazione dell’esplosivo, e di Franco Freda e Giovanni Ventura, non più giudicabili perché già definitivamente assolti.
Ma Tramonte era anche un informatore dei servizi segreti, “fonte Tritone”: un infiltrato dei servizi nei gruppi neri o dei gruppi neri nei servizi? Un doppio gioco a senso unico. “Tritone” lo racconta così: “Io ero un ‘infiltrato’ nelle cellule neofasciste operanti nel Veneto. Infatti mentre mi facevo passare dagli altri partecipanti per uno di loro, riferivo tutte le notizie rilevanti che apprendevo a un agente del Sid”. Tra le “notizie rilevanti”, la preparazione della strage di Brescia: il 25 maggio 1974, tre giorni prima del botto, Maggi dice in una riunione ad Abano Terme che bisogna fare un grande attentato, che bisogna proseguire nella strategia stragista iniziata il 12 dicembre in piazza Fontana.
“Tritone” lo riferisce subito agli agenti del Sid, il generale Gian Adelio Maletti riceve le informazioni, ma si guarda bene dal passarle ai magistrati, sia prima, sia dopo la strage. I servizi sanno in diretta. E lasciano fare. Così ci sono voluti vent’anni per scoprire chi era “Tritone” (determinante l’inchiesta del giudice Guido Salvini nel 1994) e 43 per condannarlo. Ora torna in Italia, con la prospettiva del carcere a vita: chissà se avrà voglia di recuperare altri ricordi della sua giovinezza e raccontare chi ha manovrato, o almeno lasciato fare, i volonterosi bombaroli della “guerra non ortodossa” degli anni Settanta.
La strage di piazza Fontana (1969),
quella della questura di Milano (1973)
e quella di piazza della Loggia a Brescia (1974).
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