I superpoteri di Sala e gli alberi del bene e del male
Non c’è stata affatto una richiesta d’archiviazione (com’era stato ventilato) per l’ipotesi d’accusa di turbativa d’asta che era rimasta sospesa sulla testa di Giuseppe Sala. Quell’imputazione è stata però trasformata in abuso d’ufficio. È questa la nuova accusa che raggiunge il sindaco di Milano, accusato di aver fatto un’assegnazione diretta, senza gara, per la fornitura delle piante di Expo, quando era amministratore delegato e commissario della società pubblica che ha gestito l’evento. In concorso con Angelo Paris, manager di Expo spa già arrestato nel maggio del 2014, Sala nel luglio 2013 ha affidato alla Mantovani spa l’incarico di fornire 6 mila alberi, pagando all’impresa veneta 4,3 milioni di euro (716 euro a pianta). La Mantovani nel novembre successivo ha stipulato un contratto di subfornitura con un vivaio, a cui ha pagato 1,6 milioni (266 euro a pianta).
Storia intricata, quella del verde di Expo. La fornitura faceva parte del mega-appalto della “piastra”, il più ricco dell’esposizione universale (valore 272 milioni). Vinto a sorpresa dalla Mantovani di Piergiorgio Baita, che nell’agosto 2012 sbaraglia i concorrenti presentando un ribasso da brivido (del 41,8 per cento: 148,9 milioni). Ribasso anomalo, sostiene qualche manager Expo, ma Sala tira avanti: non c’è più il tempo per rifare la gara. La vicenda si complica quando l’allora presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, pretende di “coinvolgere le aziende vivaistiche lombarde”, cioè di far fornire le piante alla ditta Peverelli con il sostegno economico dell’immobiliarista Davide Bizzi. Sala china la testa e, invece di rifare la gara, scorpora il verde (valore circa 5 milioni di euro) dall’appalto “piastra”, spalmando il costo degli alberi su altre voci.
Ma poi Bizzi (dopo aver ottenuto quello che voleva: la “Città della Salute” a Sesto San Giovanni) si sfila dall’affare e Peverelli senza il sostegno di Bizzi sparisce. Allora Sala, dopo aver smontato il giocattolo, tenta di rimontarlo: torna da Baita e gli affida di nuovo il verde, dandogli in via diretta oltre 4 milioni. Tutto ciò passa sostanzialmente inosservato dalle indagini della Procura di Milano, nel 2014 impegnata nella contesa che oppone il procuratore Edmondo Bruti Liberati al suo aggiunto Alfredo Robledo. Qualche anno dopo, nel 2016, a riaprire la partita giudiziaria arriva la Procura generale che invece contesta a Sala due reati: falso ideologico e materiale, per aver retrodatato l’atto di nomina dei commissari di gara; ma anche turbativa d’asta, per il modo irregolare con cui ha scorporato l’appalto per gli alberi dal mega-appalto “piastra”.
I due reati sono scritti chiari nell’avviso di conclusione indagini, notificato a Sala nel giugno 2017. Poi sono entrati in scena i suoi avvocati, Salvatore Scuto e Stefano Nespor, che hanno presentato una memoria in cui si sostiene che Sala, quando smonta e rimonta il giocattolo della “piasta”, usa i suoi poteri speciali di commissario. Così, a settembre 2017, il sostituto procuratore generale Felice Isnardi – che aveva riaperto le indagini strappandole alla Procura ritenuta “inerte” – nelle sue richieste di rinvio a giudizio ha inserito il falso ideologico e materiale, ma non la turbativa d’asta, su cui si era riservato di approfondire le indagini. Per l’accusa di falso, Sala il 5 dicembre ha chiesto di essere giudicato con rito immediato direttamente in Tribunale, saltando l’udienza preliminare: ieri il suo processo è stato fissato per il 20 febbraio 2018. Gli altri imputati si presenteranno invece oggi all’udienza preliminare, in cui compariranno Paris, Baita, l’ex direttore generale di Ilspa Antonio Rognoni, il presidente di Coveco Franco Morbiolo e l’ex dipendente di Mm Dario Comini.
Che fine ha fatto, intanto, l’accusa di turbativa d’asta? Non è andata affatto incontro a una richiesta d’archiviazione, come era stato ipotizzato. Isnardi è andato in pensione e il fascicolo è passato ai sostituti procuratori generali Enzo Calia e Massimo Gaballo che ieri hanno notificato a Sala una nuova conclusione indagini in cui la contestazione di turbativa d’asta è stata sostituita da quella di abuso d’ufficio, in concorso con Paris, direttore generale di Expo. Se l’allora commissario poteva “smontare” l’appalto della “piastra” in virtù dei suoi magici poteri straordinari, non poteva però “rimontarlo” – sostiene la Procura generale – assegnando di nuovo senza gara a Baita la fornitura del verde. Così il reato di abuso d’ufficio, già contestato a Paris, ora è addebitato anche a Sala, perché l’affidamento diretto ha procurato alla Mantovani l’ingiusto vantaggio patrimoniale costituito dalla differenza tra il valore dell’affidamento (4,3 milioni) e l’effettivo costo (1,6 milioni). I legali di Sala, Scuto e Nespor, attaccano la Procura generale: la sua nuova iniziativa appare “anomala al punto da sembrare persecutoria”.