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Grigioni, l’ultimo paradiso offshore per gli italiani (in fuga dal Ticino)

Grigioni, l’ultimo paradiso offshore per gli italiani (in fuga dal Ticino)

Roveredo Grigioni (Svizzera). Che cosa ci fa una società di commercio marittimo in un paesino di montagna della Svizzera? Per capirlo bisogna venire fin quassù, a Roveredo, a Grono, a Soazza, nelle valli ovest del Canton Grigioni. Il paesaggio è idilliaco, casette ordinate dai balconi fioriti tra prati e boschi verdissimi circondati da una corona di monti dalle vette innevate. Chi mai potrebbe immaginare che in questi paesi ferve un’attività economica e finanziaria da far invidia alla City di Londra? Eppure è così.

A Rossa, borgo alpino di 147 anime, hanno sede 60 società, una ogni 3,5 abitanti. A Grono, 1.321 anime, le società sono più di 600, una per ogni due abitanti. In totale, nella zona che qui chiamano Moesano, ci sono 1.564 società, in media una ogni cinque abitanti, i quali però di queste società non sanno niente e non vedono niente: sono nella maggioranza soltanto un nome su un citofono e una buca delle lettere. Proprio come nelle isole dei Caraibi usate come paradisi societari e fiscali. Qui invece delle palme ci sono i pini, ma le società “bucalettere”, come sono chiamate in Svizzera, cominciano a preoccupare anche le autorità. Soprattutto dopo che sul canale tv della Svizzera italiana è andata in onda un’inchiesta del giornalista Paolo Bertossa che racconta il fenomeno.

Il capo della squadra della polizia cantonale ticinese che si occupa di reati economici, Fabio Tasso, non ha esitato a definire il Moesano “una zona offshore della Svizzera”. E a spiegare che qui “c’è una particolare facilità nell’acquisire società e una particolare discrezione nell’utilizzarle, perché vengono poste poche domande”. Moltissime di queste società sono riconducibili a italiani, anche se i filtri dei fiduciari svizzeri e dei prestanome locali rendono in molti casi impossibile capire chi sia il vero titolare.

Qui, a poco più di un’ora d’auto da Milano, è in corso uno strano fenomeno: la trasmigrazione delle società dal Canton Ticino a queste due piccole valli “italiane” del Canton Grigioni. Negli ultimi anni se ne sono spostate almeno 300, ben 55 nei primi sette mesi del 2017. Lasciano la piazza di Lugano, che negli ultimi anni è diventata più rigorosa nei controlli bancari, societari e amministrativi, e si trasferiscono nel Cantone vicino, dove evidentemente ricevono un’accoglienza migliore. Basta fare pochi chilometri oltre Lugano, passare Bellinzona e raggiungere Roveredo: benvenuti in questa valle da Heidi che nasconde un’anima da Cayman. Un paradiso naturale, ma anche il paradiso degli italiani in cerca di avventure finanziarie riservate.

È vicina all’Italia e vi si parla italiano, benché sia in un Cantone tedesco: ma la capitale, Coira, è lontana e distratta. E poi ci sono un paio di condizioni che rendono i Grigioni più appetibili del Ticino: qui chiunque può fare il fiduciario, senza una norma che, come a Lugano, disciplini e controlli l’esercizio della professione; e chiunque può chiedere il permesso di residenza, senza bisogno di esibire il certificato penale, come pretendono invece a Lugano.

Così capita che anche un certo Piergiuseppe Bari riesca a venire a vivere qui a Soazza. Chi è? Un italiano arrestato per truffa nel 2009, ben noto a polizia e magistrati del nostro Paese per essere stato l’autista di Giuseppe Pangallo, nato a Platì in Calabria 37 anni fa, marito di Rosanna Papalia, 36 anni, che è la figlia di Rocco Papalia, il boss della ’ndrangheta appena scarcerato dopo 26 anni di galera e tornato a vivere a Buccinasco, alle porte di Milano. Rosanna Papalia vive invece in una bella villa con piscina a Bissone, a un passo da Lugano. Ma la sua società (come avevano scoperto Cesare Giuzzi del Corriere e Davide Milosa del Fatto) ha sede a Leggia, piccola frazione di Grono, nei Grigioni, e si chiama “Il segreto del gelato”: un segreto ben custodito, visto che non produce nulla, nemmeno un gelato.

Un importante avvocato svizzero che chiede di non fare il suo nome ci racconta a che cosa servono tutte queste società che passano dal Ticino ai Grigioni. Alcune hanno una vera attività industriale o finanziaria, ma la maggioranza ha attività inesistenti o invisibili: una buca delle lettere quassù tra i monti e qualche conto nelle banche in giro per il mondo. “Avere qui una società”, spiega l’avvocato, “permette di chiedere un permesso di soggiorno, di comprare una casa con i soldi di una banca, di prendere in leasing un suv con targa svizzera. E di fare affari finanziari, o almeno tentarli”. Qualcuno potrà fare attività di riciclaggio, o frodi “carosello”, o truffe all’Iva, oppure emettere fatture inesistenti per alleggerire le tasse ad aziende in Italia: ma non esistono per ora inchieste su queste società che nei Grigioni sono lasciate tranquille e serene.

Molte falliscono. Nel 2016 i fallimenti nelle valli del Moesano sono stati oltre 4 mila, raddoppiati rispetto a cinque anni fa. “Abbiamo l’impressione che alcune aziende vengano nei Grigioni proprio per fallire”, commenta l’avvocato. Un italiano può aprire nel Moesano una Sagl svizzera (società a garanzia limitata), non svolgere alcuna attività, assumere se stesso come dipendente con uno stipendio alto che può anche non pagarsi, e dopo sei mesi dichiarare fallimento: godrà per due anni, a spese del Cantone, dell’indennità di disoccupazione, l’80 per cento dello stipendio che aveva dichiarato di percepire. Accoglienti e convenienti, i Grigioni, anche con le società usate e poi gettate.

Il Fatto quotidiano, 14 novembre 2017
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