IwBank, il piccolo paradiso offshore di Ubi
Oggi, 10 novembre 2017, si apre a Bergamo l’udienza preliminare che deciderà se mandare a processo oppure no i vertici di Ubi Banca e Giovanni Bazoli, ex presidente di Intesa, per i reati di illecita influenza sull’assemblea e di ostacolo alle autorità di vigilanza. A Milano, intanto, un’altra inchiesta, su Iw Bank (controllata da Ubi), si è conclusa con una richiesta di rinvio a giudizio per 14 persone, anche qui accusate di ostacolo alla vigilanza, per irregolarità nella registrazione ai fini antiriciclaggio di 104 mila sui 140 mila conti della banca on line. Se alle brutte notizie giudiziarie si sommano le non buone notizie finanziarie, ne risulta che la quarta banca italiana non sta proprio vivendo un periodo d’oro.
A Bergamo il procuratore Walter Mapelli e il sostituto Fabio Pelosi oggi si presentano alla giudice dell’udienza preliminare (gup) Ilaria Sanesi portandole una montagna di faldoni con i documenti raccolti in anni di indagini dal Nucleo speciale valutario della Guardia di finanza di Milano. Trenta gli imputati, tra cui i vertici della banca: il presidente del consiglio di gestione Franco Polotti, il presidente e il vicepresidente del consiglio di sorveglianza Andrea Moltrasio e Mario Cera, l’amministratore delegato Victor Massiah. Ma anche Antonella Bardoni, presidente dell’associazione artigiani Confiab, e Rossano Breno, in passato presidente della Compagnia delle Opere di Bergamo.
I due imputati eccellenti sono però Giovanni Bazoli, in qualità di presidente dell’associazione “Banca lombarda e piemontese” di Brescia, ed Emilio Zanetti, presidente dell’associazione “Amici di Ubi” di Bergamo. Secondo l’ipotesi d’accusa, erano i burattinai di un patto occulto, nascosto al mercato e alle autorità di controllo (Consob e Bankitalia) che permetteva loro di controllare la banca, impedendo l’arrivo ai vertici di “estranei” alle due componenti che avevano fondato l’istituto nel 2007, quando era avvenuta la fusione della bergamasca Bpu e della bresciana Banca Lombarda.
Il patto raffinatissimo per avvicendarsi, bresciani di Bazoli e bergamaschi di Zanetti, al vertice della banca si era dispiegato in tutta la sua geometrica potenza nell’assemblea dei soci dell’aprile 2013, quando per battere due liste alternative (“Ubi banca popolare!” di Andrea Resti e “Ubi Banca ci siamo” dell’ex parlamentare di Forza Italia Giorgio Jannone) la “Lista 1” delle associazioni di Bazoli e di Zanetti aveva raccolto con ogni mezzo voti e deleghe. Secondo l’accusa che ora passerà al vaglio della gup, le strutture della banca, le agenzie, i responsabili di area, oltre che l’associazione artigiani e la Compagnia delle Opere, erano stati utilizzati per raccogliere freneticamente deleghe, anche all’insaputa dei clienti Ubi a cui facevano firmare fogli in bianco.
A Milano l’inchiesta riguarda invece la gestione di Iw Bank, che era diventata una specie di banca offshore, visto che, tra il 2008 e il 2014, ben 104 mila dei 140 mila conti on line erano senza controllo. C’erano conti intestati a casalinghe novantenni, con figli che però facevano gli operatori finanziari. Un conto era intestato a una società estera senza che fosse registrato il beneficiario in Italia. Quando la Guardia di finanza arrivò a chiedere conto di tanto “disordine” nell’Archivio unico informatico, l’istituto non trovò di meglio che presentare una denuncia ai carabinieri sostenendo di aver smarrito la documentazione.
Ora sarà la giudice dell’udienza preliminare Maria Cristina Mannocci a vagliare le prove raccolte dal sostituto procuratore Elio Ramondini a carico dei 14 imputati tra cui Mario Cera, vicepresidente del consiglio di sorveglianza di Ubi Banca. Ramondini aveva ipotizzato per gli indagati anche il reato di riciclaggio, che poi non è stato contestato nelle richieste di rinvio a giudizio, in attesa che la polizia giudiziaria completi i (difficili) accertamenti sui reati presupposti al riciclaggio – cioè, ipoteticamente, l’evasione fiscale, l’appropriazione indebita, l’esercizio abusivo dell’attività finanziaria, o altro – che i titolari dei conti “facili” avrebbero commesso grazie alla pressocché totale mancanza di controlli.
In entrambi i casi, a Bergamo e a Milano, i magistrati contestano i reati anche alla banca come ente – Ubi e Iw Bank – per non aver vegliato e impedito i reati contestati ai loro amministratori. In entrambi i casi è ipotizzabile uno scontro tra banca e autorità di vigilanza, Consob e Bankitalia, che avrebbero subìto come parte offesa l’ostacolo alle loro funzioni. Ma gli imputati di Iw Bank ora sostengono di non aver potuto ostacolare nessuno, visto che Bankitalia era venuta a fare una ispezione nel 2011 e poi nel 2013. Il capo della prima ispezione, Carmelo Lattuca, ha invece affermato al pm di aver segnalato alla banca, invano, una valutazione “di grado 4 – parzialmente sfavorevole”. La decisione ora spetta alle due gup.
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