Mantovani, come ti premio l’indagato (amico del boss)
Fanno di tutto per convincerci che la politica è irriformabile e che i partiti sono associazioni a delinquere. Metti un tipetto come Mario Mantovani da Arconate, entrato per sempre nel cuore di Silvio Berlusconi perché, imprenditore dell’assistenza agli anziani, si è preso cura di Mamma Rosa, buonanima, amata genitrice di Berlusconi. Ebbene: era la mattina del 13 ottobre 2015, mentre era atteso in Regione per aprire i lavori della “Giornata della Trasparenza”, quando Mantovani viene arrestato con le accuse di corruzione, concussione, turbativa d’asta e abuso d’ufficio, per aver truccato gare d’appalto sulle case di riposo, sul trasporto di pazienti dializzati, sull’edilizia scolastica e per aver favorito la carriera di medici a lui vicini. Sta in galera 40 giorni, poi va agli arresti domiciliari. Il 14 aprile 2016 torna in libertà per una questione di termini scaduti. Il 3 maggio fa ritorno in Consiglio regionale: trionfalmente accolto dai suoi colleghi.
Ora lo hanno fatto rientrare anche nel suo giro preferito: il 27 settembre 2017 lo hanno infatti ammesso in Commissione sanità. Eppure proprio il giorno prima era scoppiato un altro scandalo, con 27 arresti per ’ndrangheta e corruzione, in cui lo stesso Mantovani è di nuovo accusato di corruzione per i suoi stretti rapporti con l’imprenditore Antonino Lugarà, considerato un colletto bianco della ’ndrangheta in Lombardia. “Lui, Mario, è assessore alla sanità, è l’assessorato più importante di tutti”, diceva al telefono, intercettato, il figlio di Lugarà. Il padre aggiungeva: “Adesso dobbiamo fare un’operazione grossa insieme”. Era un affare immobiliare ad Arconate, il paese di Mantovani, poi saltato proprio a causa dell’arresto. “Mariolino!”, si disperano allora i Lugarà padre e figlio, “è andata via la nostra punta di diamante!”. Confermano i magistrati: Mantovani era “il politico di riferimento di Lugarà”.
Non tengono vergogna. La politica continua a difendere i suoi esponenti peggiori, anche quelli che camminano sul filo di rapporti pericolosi con i mafiosi al Nord. Ora sappiamo che Mantovani è stato anche il padrino (politico e affaristico) di Edoardo Mazza, il sindaco di Seregno appena arrestato per corruzione: uno “zerbino”, scrivono i magistrati, al servizio degli uomini della ’ndrangheta. Ma non occorreva aspettare questi ultimi arresti. Sapevamo già che Mantovani aveva rapporti strettissimi (fino a una misteriosa rottura) con un altro politico di Forza Italia beccato a intrattenere contatti con gli uomini della ’ndrangheta in Lombardia: Massimo Ponzoni, l’enfant prodige della politica che già a 24 anni era riuscito a farsi eleggere nel Consiglio comunale di Desio con migliaia di preferenze.
Conoscevamo già anche gli insuperabili conflitti d’interesse di Mantovani, imprenditore privato del settore sanità diventato politico nel settore della sanità: come mettere un pedofilo a capo di una colonia di bambini. Attraverso la onlus Sodalitas controlla residenze e colonie estive sulla riviera romagnola, tra Bellaria e Igea Marina. Attraverso l’Immobiliare Vigevanese costruisce residenze socio-assistenziali. Attraverso la Fondazione Mantovani gestisce residenze per anziani. In totale, ha almeno undici strutture con 900 posti letto, tutti accreditati presso la Regione Lombardia. Gestisce inoltre 13 centri diurni per disabili per conto dell’Asl di Milano. Eppure nessuno ha avuto niente da ridire durante la sua resistibile ascesa politica: sindaco di Arconate, eurodeputato, senatore, sottosegretario in un governo Berlusconi, consigliere regionale, vicepresidente di Regione Lombardia, assessore regionale alla salute e poi ai rapporti con l’Unione europea e alle relazioni internazionali. Ora plurindagato, ma con seggio in Commissione sanità.