Bruno Rota: “Atac, non ci sono più soldi, il tempo è scaduto”
Lo dice secco: “Il tempo è finito. È venuto il momento di dire la verità”. Bruno Rota è da aprile 2017 direttore generale di Atac, l’azienda del trasporto pubblico di Roma. Aveva lasciato dopo sei anni la guida di Atm, dove aveva ottenuto buoni risultati, ma aveva avuto forti contrasti con il sindaco di Milano Giuseppe Sala. A Roma ha accettato la “mission impossible” di provare a risanare un’azienda che sapeva molto compromessa. “Sì, sapevo che il mio compito sarebbe stato difficile. Ma in questi mesi ho scoperto che è peggio di quello che immaginavo”.
Che situazione ha trovato?
L’azienda ha un debito di 1.350 milioni. Per anni Atac non ha investito e ha accumulato perdite su perdite, con debiti fatti via via per coprire le perdite di gestione, non per finanziare investimenti. Occorrono misure serie e immediate. E comunque non è questa la cosa peggiore.
E qual è allora?
L’Atac ha 325 milioni di debito commerciale. Vuol dire che siamo ormai ogni giorno inseguiti dai fornitori che hanno da molti anni crediti altissimi e non vengono pagati. Vuol dire che non possiamo nemmeno più comprare il materiale che ci serve per fare la manutenzione. I fornitori non fanno più credito.
I mezzi Atac si guastano spesso.
Il nostro parco mezzi è vecchio, ha una vita media di oltre 11 anni, con una parte di mezzi molto più vecchi. Sono quelli che si guastano in continuazione. In queste condizioni, le manutenzioni sono necessarie e devono essere frequenti. Ma non abbiamo più i soldi per comprare il materiale che serve.
Perché “il tempo è finito”? E qual è la verità da dire?
La società è in una situazione gravissima, non riesce da molto tempo a far fronte ai propri impegni finanziari. Ora non si può più rimandare l’intervento. L’azienda è in stato di dissesto conclamato. Oltretutto in queste condizioni ci sono anche chiari obblighi di legge: se non riesce a far fronte ai propri impegni, noi abbiamo l’obbligo di ufficializzare questa situazione.
Che cosa si deve fare? Portare i libri in tribunale?
Bisogna ristrutturare il debito. La legge fornisce diversi strumenti.
Gli amministratori, il sindaco Virginia Raggi, l’assessore alle partecipate Massimo Colomban, conoscono la situazione?
Io sono arrivato in Atac il 18 aprile 2017. Per due mesi sono stato a guardare e a studiare, perché non mi sono state date deleghe operative, che sono arrivate solo il 28 giugno. Ma mi sono bastati dieci giorni di lavoro per capire la situazione dell’azienda, che ho subito riportato al sindaco.
Reazioni?
Ha capito subito la situazione, ha mostrato grande comprensione e mi ha garantito un pieno sostegno.
Che cosa non funziona allora?
Bisogna intervenire subito. Ho presentato un piano. Ora è il tempo delle risposte.
Intanto il servizio funziona male, i mezzi si guastano, i cittadini protestano.
È vero che la regolarità del servizio è sempre a rischio, perché non si riesce da tempo a fare le manutenzioni. Ma i mezzi che escono dai depositi per il servizio sono gli stessi di dodici mesi fa. Eppure ora viene descritta una situazione catastrofica, perché c’è una campagna di stampa che aggiunge cose negative false a quelle vere, che pur ci sono. Per ostilità politica, suppongo. Nel caso della donna trascinata per metri da un treno del metrò in corsa, è stato scritto che non ha funzionato il freno d’emergenza: ma i treni del metrò non hanno freno d’emergenza. Ho letto un titolo sul “rogo” di un “treno bruciato” sulla Roma-Giardinetti: in verità, era soltanto uscito fumo da un carrello.
È stato scritto anche che c’è stato un crollo nella vendita dei biglietti.
Altra notizia falsa. Non per merito mio, che sono appena arrivato, ma da inizio d’anno, con accelerazione ad aprile, c’è stata una crescita dei biglietti del 2,3 per cento, con incassi aumentati di 3 milioni, grazie agli abbonamenti e al biglietto turistico.
È stato scritto che Atac licenzierà 2.500 dipendenti.
Falso. Il nostro problema non è tagliare i dipendenti, ma farli lavorare, perché oggi non riusciamo a coprire i turni. Troppe assenze, turni di lavoro abbreviati perché molti macchinisti non timbrano l’ora di entrata e di uscita e nessuno controlla. Qualcuno approfitta della situazione riconsegnando dopo qualche ora di lavoro il suo mezzo dicendo che non funziona più bene. Bisogna ripristinare un sistema di regole e di controlli per impedire che ognuno faccia ciò che gli pare.
Rimpiange Milano?
Rimpiango tantissimo Milano e Atm. Mi mancano quasi fisicamente. Mi manca il clima di verità in cui sono sempre avvenuti anche i confronti più aspri, per esempio con le forze sindacali. E mi manca la “squadra” di colleghi capaci che avevo faticosamente messo insieme in Atm. Qui a Roma, vincoli legislativi e la situazione aziendale rendono quasi impossibile rafforzare la squadra.
Leggi anche:
– Bruno Rota, il manager che voleva fare grande Atm