Milano, se Fs si mangia Atm (e intanto in Borsa…)
Il 19 maggio 2017 una visita della Guardia di finanza alla sede di Fnm rende visibile un’inchiesta per aggiotaggio aperta dalla Procura di Milano. Il Fatto quotidiano tre mesi prima, il 12 febbraio 2017, aveva raccontato gli strani movimenti di Borsa attorno al titolo Fnm. Ecco l’articolo.
A Milano, il sindaco Giuseppe Sala e il presidente della Regione Roberto Maroni stanno da tempo giocando a Monopoli, insieme a Renato Mazzoncini, amministratore delegato di Ferrovie dello Stato. Ma qualcuno deve aver preso così sul serio il gioco, da passare dai soldi del Monopoli a quelli veri, visti alcuni strani movimenti di Borsa che fanno pensare all’insider trading. Ma andiamo con ordine. È da mesi, se non anni, che circola l’ipotesi di mettere insieme Atm, l’azienda dei trasporti milanesi, con Ferrovie Nord Milano (Fnm), che gestisce i collegamenti regionali.
La prima è un gioiellino, interamente controllato dal Comune di Milano, con una flotta di 942 treni del metrò, 1.544 autobus, 481 tram e 147 filobus, 736 milioni di passeggeri l’anno, un fatturato di 1,1 miliardi di euro e un utile netto di 26 milioni (bilancio 2015). Trenord è invece la società operativa dei trasporti regionali divisa al 50 per cento tra Fnm e Trenitalia. Fnm è una società quotata la cui la maggioranza, il 57 per cento, è nelle mani della Regione. Trenitalia è Fs: dunque Mazzoncini è già padrone di metà dei trasporti regionali lombardi. Ma non nasconde l’ambizione di crescere, magari conquistando la maggioranza di Fnm e, soprattutto, Atm. Sì, perché le ferrovie Nord, come ben sanno, ahimé, i pendolari, non sono proprio un modello di funzionamento. Hanno 461 convogli, 462 stazioni regionali servite da 2.300 corse al giorno su 2.200 chilometri di rete.
Modesti i risultati di bilancio: fatturato di 783 milioni, utile di soli 3,8 milioni. E pesanti le critiche che vengono dagli utenti. Ritardi, soppressioni, carrozze vecchie, linee a binario unico, molte motrici non elettriche ma diesel. Tanto che Maroni, che sente già odore di campagna elettorale, non vede l’ora di aumentare le distanze tra sé e le Nord, che funzionano male e oltretutto costano alla Regione 400 milioni l’anno. Stenderebbe tappeti rossi a Mazzoncini e avrebbe già diluito la quota della Regione, se finora non fosse stato frenato dal suo compagno di partito Matteo Salvini, che non vuole “dare a Roma” le ferrovie padane. Ma se nella partita di Monopoli entra anche Atm, Fs si può prendere tutto senza che Salvini possa lamentarsi più di tanto.
Risultato finale della partita: una holding a tre, con il Comune di Milano che sarebbe socio, con un 33 per cento, di una azienda più grande, ma senza più il controllo del suo sistema di trasporti urbani che passerebbe, con i due terzi, a Regione e Fs, già oggi alleati in Trenord, sotto il comando di Mazzoncini. Milano oltretutto conferirebbe una società che ha un patrimonio netto 919 milioni, contro gli 85 di Trenord: più che un’integrazione, uno scippo. Il problema resterebbe tutto ai milanesi, che perderebbero una azienda che funziona bene, Atm, diluita in una grande baracca già ora croce dei pendolari, senza alcuna garanzia che il matrimonio tra un fusto e una racchia (o se preferite tra una strafiga e un bruttone) porti davvero un miglioramento del servizio. E poi proprio non tornano i numeri del confronto tra Atm e Trenord: 9.250 dipendenti contro 4.150, margine lordo 163 milioni contro 41, utile netto 26 milioni contro 3,8. Se si guarda alla storia delle due aziende, è anche peggio: Atm ha da tempo una gestione trasparente, con gare pubbliche per ogni cosa; mentre Trenord-Fnm è sempre stata un feudo della politica ed è più volte sprofondata in grandi scandali (ricordate Giuseppe Biasuz e Norberto Achille?)
La partita di Monopoli diventa addirittura pericolosa se si osserva che cosa è successo a fine 2016. Il 29 dicembre, prima del veglione di Capodanno, la Regione Lombardia vara una legge che all’articolo 5 dice: “Le agenzie per il trasporto pubblico locale estendono la durata dei vigenti contratti di servizio qualora i soggetti gestori o i loro azionisti deliberino, entro il 30 giugno 2017, operazioni di natura straordinaria di integrazione societaria del gestore nell’ambito di società quotate nei mercati regolamentati, da perfezionarsi entro il 31 dicembre 2017”. Sembra una legge fatta su misura per la fusione Atm-Trenord. Tutto per “estendere la durata dei vigenti contratti di servizio”, senza fare una nuova gara. Ma la gara mica è una sciagura: è il sale del libero mercato. Comunque per Atm, il cui contratto di servizio con il Comune scade nell’aprile 2017, la gara non si può fare, perché non è ancora operativo il soggetto deputato a lanciarla, cioè “l’autorità di bacino” (Comune di Milano, più Comuni attorno, più Città metropolitana). E comunque la gara può essere tranquillamente rimandata anche senza “operazioni straordinarie”, perché è lo stesso contratto di servizio di Atm a stabilire che può essere prorogato per almeno 12 mesi alle stesse condizioni. Insomma: una legge inutile, se non a spingere la fusione.
E forse anche ad altro, a guardare i volumi degli scambi del titolo Fnm, che s’impennano proprio a partire dal 20 dicembre 2016, pochi giorni prima del varo della legge regionale su misura per la fusione. Chi ha comprato? C’è stato insider trading? La Consob e la Procura della Repubblica sono interessate a verificarlo?
Leggi anche: Il grande risiko dei treni per mangiarsi l’Atm