25 aprile a Milano, bravo Sala
Non so se qualcuno se n’è accorto, ma questo giornale è molto critico con il sindaco di Milano Giuseppe Sala, fin dai tempi in cui guidava l’Azione Parallela di Expo. Eppure stavolta dobbiamo lodarlo: ha gestito bene, con Prefettura e Questura, gli appuntamenti milanesi del 25 Aprile, ottenendo risultati che neppure la giunta di Giuliano Pisapia, certamente più rossa della sua, aveva saputo portare a casa. Ogni anno i fascisti si presentavano puntuali al Campo Dieci del Cimitero Maggiore, dove sono sepolti i gerarchi della Repubblica di Salò e i torturatori di partigiani della Muti, per inscenare una lugubre parata con marce, bandiere, gagliardetti, cori fascisti, saluti romani.
Quest’anno la tradizione della sceneggiata nera è stata interrotta. Al Cimitero Maggiore la mattina del giorno della Liberazione si sono presentati quattrocento persone richiamate da Anpi, Arci e organizzazioni di sinistra che hanno onorato la memoria (“Porta un fiore al partigiano”) di chi è caduto per ridare all’Italia l’onore e la libertà dopo la dittatura fascista e l’occupazione nazista. Al Campo Dieci si è presentato un centinaio di nostalgici e teste rasate, sostenuti da un paio di politici di Fratelli d’Italia (Carlo Fidanza e Paola Frassinetti), con la presenza di un paio di protagonisti della stagione delle stragi (Maurizio Murelli, condannato a 18 anni per i disordini del 1973 in cui morì il poliziotto Antonio Marino, e Giancarlo Rognoni, 23 anni di carcere per le bombe sul treno Torino-Roma e condannato in primo grado per la strage di piazza Fontana e poi assolto in appello).
Hanno avuto modo di ricordare i morti fascisti ma, per la prima volta dopo anni, senza marce, senza croci celtiche, senza fasci littori e aquile nere. Senza quella paccottiglia dell’orrore che non è tollerabile in un Paese in cui è vietata la ricostituzione del partito fascista e l’apologia del fascismo. Il merito di questa svolta è del sindaco Sala, che ha gestito con buon senso e fermezza la preparazione alle celebrazioni antifasciste del 25 Aprile, insieme al prefetto Luciana Lamorgese e al questore Marcello Cardona. Nessun disordine, nessuna violenza al Cimitero Maggiore, in cui i fascisti sono stati lasciati liberi di ricordare i loro morti, ma questa volta senza manifestazioni politiche proibite dalla Costituzione repubblicana. E senza gli scontri e le violenze che qualcuno temeva: è stato il 25 Aprile più tranquillo degli ultimi anni. Grazie, dunque, al sindaco Sala.
Forse gli ha fatto bene il taglio del cordone ombelicale che lo legava a Matteo Renzi. I suoi consiglieri, Marco Pogliani e Roberto Arditti, già uomini di pubbliche relazioni di Expo e della campagna elettorale e ora consulenti del sindaco, lo hanno convinto a dismettere i panni di renziano a ogni costo per indossare quelli del sindaco manager non schierato, che sa però anche compiacere la Milano di sinistra, con la fermezza sul 25 Aprile e con la bella manifestazione prevista per il 20 maggio contro i muri, i razzismi e le paure. Renzi in persona e i renziani milanesi ora lo ritengono un ingrato, visto quello che l’ex presidente del Consiglio ha fatto per lui, per Expo e per la sua candidatura a Milano.
Ma Sala ha annusato l’aria, ha capito che la fase del renzismo trionfante è finita e ha deciso di correre da solo. Alla grande manifestazione del pomeriggio, il 25 Aprile, era in prima fila, accanto al gonfalone della città. Naturale, è il posto del sindaco. Ma intanto i suoi renzianissimi assessori e sostenitori del Pd erano lontani, in un settore del corteo caratterizzato dai colori Ikea, blu e giallo, dove si faceva fatica a trovare riferimenti ai partigiani e alla Resistenza, tra bandiere d’Europa e cartelli su cui si leggeva: “Coco Chanel, patriota europea”, che però era antisemita, collaborazionista e spia dei nazisti.