Montepaschi. Il giudice smentisce la Procura, ora Profumo rischia
Colpo di scena al Palazzo di giustizia di Milano: sul caso Montepaschi, il giudice per le indagini preliminari contraddice la Procura e chiede l’imputazione coatta per l’ex presidente Alessandro Profumo, l’ex amministratore delegato Fabrizio Viola e l’ex presidente del collegio sindacale Paolo Salvadori. Una nuova sconfitta per la Procura milanese guidata da Francesco Greco, già contraddetta nei mesi scorsi dai gip e dalla Procura generale, quando questa aveva avocato l’inchiesta sulla Piastra Expo.
In quel caso, era stato il sostituto procuratore generale Felice Isnardi a chiedere l’avocazione e a sostituirsi ai pm della Procura che avevano invece chiesto di archiviare le accuse sul più grande appalto dell’esposizione universale (tra cui l’accusa per falso all’ex commissario Expo e ora sindaco di Milano Giuseppe Sala). Isnardi è presente anche nella vicenda Montepaschi: è valorizzando una perizia da lui richiesta che ora il gip ha chiesto l’imputazione coatta per Profumo, Viola e Salvadori.
L’inchiesta è quella che puntava a valutare gli effetti nel tempo (dopo il 2013 e fino al 2015) dei derivati Alexandria e Santorini, due prodotti finanziari sottoscritti dal Monte dei Paschi di Siena rispettivamente con Nomura e Deutsche Bank, per abbellire i bilanci della banca e occultare le perdite, dopo la dispendiosa acquisizione di Antonveneta. Erano i tempi della gestione di Giuseppe Mussari, presidente, e Antonio Vigni, amministratore delegato, che avevano cercato di superare la crisi causata dal mega-esborso al Banco Santander che nel 2008 aveva venduto Antonveneta al Montepaschi pretendendo oltre 9 miliardi di euro.
Alexandria e Santorini si erano però dimostrati una cura peggiore del male, provocando perdite per almeno 1,2 miliardi di euro. Dopo l’emersione della crisi e la scoperta dei derivati che imbellettavano i bilanci, Mussari e Vigni erano stati messi sotto processo. Nel 2013 a sostituirli sono arrivati Profumo e Viola, che hanno tentato il risanamento della banca e tra il 2015 e il 2016 hanno chiuso Alexandria e Santorini.
La Procura di Siena nel luglio 2016 ha mandato a Milano, per competenza territoriale, questa parte delle indagini. Nell’ottobre successivo la Procura milanese ha chiesto di archiviare le accuse di aggiotaggio e falso in bilancio a Profumo, Viola e agli altri coimputati, che avevano ereditato la situazione lasciata dai loro predecessori Mussari e Vigni. I pm Mauro Clerici, Stefano Civardi e Giordano Baggio non avevano contestato neppure alla banca l’illecito previsto dalla legge 231 del 2001 sulle responsabilità delle società. Secondo gli uomini della Procura, la gestione Profumo-Viola era in “discontinuità” con la gestione Mussari-Vigni.
Di altro avviso la Procura generale: il sostituto pg Isnardi ha chiesto approfondimenti investigativi e una consulenza tecnica sui bilanci dell’era Profumo-Viola (realizzata dai consulenti Roberto Tasca e Francesco Corielli: Tasca, oggi assessore al bilancio del Comune di Milano, è stato in passato più volte consulente della Procura, su incarico del procuratore aggiunto Alfredo Robledo, che poi aprì un duro conflitto con il procuratore Edmondo Bruti Liberati e l’aggiunto Francesco Greco, oggi a capo dell’ufficio).
L’intervento di Isnardi ha provocato due conseguenze. La prima: ora la Procura generale potrà contestare al Montepaschi l’illecito sulle responsabilità delle società. La seconda: il gip ha disposto l’imputazione coatta, accogliendo le richieste del Codacons e di alcuni piccoli azionisti, tra cui l’ingegner Giuseppe Bivona di Bluebell Partners, che si erano opposti alla richiesta d’archiviazione della Procura.
Secondo il giudice per le indagini preliminari Livio Cristofano, “dalla perseverata e consapevole contabilizzazione a saldi aperti” dei derivati Alexandria e Santorini “si è indubbiamente determinata una enorme asimmetria informativa nei bilanci 2012-2015”. E “non una semplice mancanza di dettaglio, come sostenuto dall’ufficio del pm”, ma una “ambigua e contraddittoria esposizione della situazione economica”, una “effettiva capacità ingannatoria delle comunicazioni sociali emesse dalla gestione Profumo-Viola”. I due scelsero di “continuare a contabilizzare l’operazione a saldi aperti, e a ostinatamente dichiararne (nelle assemblee del 28 dicembre 2013 e 29 aprile 2014) la natura di investimenti in titoli di Stato”. Nei bilanci 2013 e 2014, infatti, compaiono 5 miliardi di “sottostante” ai derivati Alexandra e Santorini presentati come titoli di Stato che però non sono mai stati comprati.
Per questo il gip ha stabilito che anche i nuovi amministratori devono andare all’udienza preliminare per rispondere alle accuse di non aver fatto chiarezza sulla situazione del passato e non aver correttamente contabilizzato le perdite. Sarà un nuovo giudice dell’udienza preliminare (gup) a valutare l’imputazione coatta dei pm e a decidere se rinviare a giudizio oppure no Profumo, Viola e Salvadori.
Alexandria e Santorini sono stati conteggiati “a saldi aperti”, cioè inseriti nel patrimonio, rimandando al futuro il conteggio del loro valore reale; invece che essere posti “a saldi chiusi”, facendo emergere subito le perdite nel conto economico annuale. La questione è tecnicamente complessa. In un primo tempo Consob e Bankitalia avevano concesso la possibilità del bilancio “a saldi aperti”, ma poi nel 2015 Consob aveva rettificato, chiedendo i “saldi chiusi” per dare immediata visibilità alle perdite.
Il gip Cristofano ha accettato la richiesta d’archiviazione per gli ex amministratori Mussari e Vigni, che sono già impegnati nel processo principale in corso a Milano e che riguarda la gestione di Mps 2008-2012. Definitivamente archiviate invece le posizioni di altri indagati, tra cui il responsabile area legale di Mps Raffaele Rizzi e il consulente legale esterno Michele Crisostomo.
“Ho certezza della correttezza del mio operato e come sempre ho piena fiducia nella giustizia”, ha dichiarato Profumo, che è stato indicato dal ministero del Tesoro come prossimo amministratore delegato di Leonardo Finmeccanica. Non rischia il posto, perché proprio due giorni prima della sua nomina a Leonardo (e della riconferma all’Eni di Claudio Descalzi, che ha una richiesta di rinvio a giudizio per corruzione internazionale) il governo ha modificato le norme sui requisiti di onorabilità. Diversa la posizione di Viola, oggi amministratore delegato della Banca Popolare di Vicenza: i più rigorosi requisiti di onorabilità richiesti nel settore bancario potrebbero essere un problema dopo una eventuale condanna in primo grado.