Caro Emiliano, ma dovevi riciclare proprio Penati?
Caro Michele Emiliano.
Ti sei candidato alle primarie che sceglieranno il segretario del Partito democratico e sei apparso subito come il più “nuovo” dei tre che si sfideranno, il meno compromesso con gli apparati di partito e con i vecchi riti della politica. Per questo ci siamo stupiti quando hai annunciato che a Milano il tuo punto di riferimento sarà Filippo Penati. Ex sindaco di Sesto San Giovanni, ex presidente della Provincia di Milano, ex capo della segreteria politica di Pier Luigi Bersani, l’ultimo uomo forte del Pci-Pds-Ds-Pd in Lombardia. Era il centro di un formidabile sistema di potere che incrociava politica e affari e che aveva il suo punto di forza in alcuni imprenditori, tra cui spiccavano due vecchie conoscenze di Mani Pulite, Marcellino Gavio e Bruno Binasco.
Tu sei stato magistrato. Non farai dunque fatica a capire la brutta storia del “Sistema Sesto”. Penati racconta in giro che è stato “assolto da tutto”. Non è vero. Per la più grave delle accuse, concussione, ha goduto della prescrizione, anche se aveva giurato pubblicamente che l’avrebbe rifiutata. E il 30 marzo inizierà il processo d’appello anche per le accuse “minori” dalle quali è stato assolto, con una sentenza contro cui la Procura della Repubblica ha fatto un ricorso con parole durissime.
Ma lasciamo stare le questioni penali. Che peccato che il più “nuovo” dei candidati alla segreteria del Pd, a Milano vada a braccetto con il più “vecchio” uomo politico della sinistra lombarda. Quel Penati che fece un regalo a Gavio quando, da presidente della Provincia, gli comprò la sua quota di azioni Serravalle (di cui pure aveva già la maggioranza insieme al Comune di Milano), facendo sborsare alla Provincia – cioè ai cittadini – ben 238 milioni di euro e regalando a Gavio una plusvalenza di 176 milioni. Nell’operazione, la Serravalle si è indebitata e ancora oggi non si è ripresa dal salasso. Quel Penati che cacciò il presidente di Serravalle, Bruno Rota, perché aveva osato dire che era un’operazione sbagliata per la società.
Quel Penati che aveva come suo uomo di fiducia e tessitore dei rapporti con le aziende l’architetto Renato Sarno, che girava per gli uffici della Serravalle, in cui non aveva alcun ruolo ufficiale, come se ne fosse il padrone. Quel Penati che aveva messo su una fondazione, Milano Metropoli, che non ha fatto una sola iniziativa pubblica, ma serviva soltanto a raccogliere soldi dagli imprenditori. Quel Penati che non ha rinunciato alla prescrizione e dunque non si è fatto processare per la supertangente (5 miliardi e 750 milioni di lire) che l’imprenditore Giuseppe Pasini dice di aver pagato a Penati come anticipo di una mazzetta complessiva di 20 miliardi di lire, per ottenere di poter costruire sull’area Falck di Sesto San Giovanni.
Forse Penati sarà innocente e Pasini un calunniatore. Ma non lo sapremo mai con certezza, perché nessun giudice ha potuto valutare le prove dell’accusa e gli argomenti della difesa: la prescrizione ha chiuso la faccenda. Penati aveva giurato che ci avrebbe rinunciato, ma con una mossa furbetta (era assente dall’aula proprio nel momento magico), la prescrizione gli è piovuta addosso a sua insaputa e lo ha reso puro come un giglio.
E adesso ritorna in politica, facendosi scudo di un ex magistrato, dopo aver ricevuto il mandato di organizzare le truppe, e magari anche i finanziamenti, per Michele Emiliano. Conoscendo la sua vecchia rete di rapporti, non dubito che potrà avere qualche risultato. Potrà riuscire a raccogliere soldi e anche voti. Ma datemi retta: ve ne farà anche perdere tanti.
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