POLITICA

Il conflitto di Ruby Cocco? A Milano non è successo niente

Il conflitto di Ruby Cocco? A Milano non è successo niente

Giovanni Falcone ci ha insegnato che cos’è l’atomizzazione: prendi un’inchiesta, un fatto, un fenomeno, li spezzetti nelle loro diverse componenti e finisci per non capirci più niente. Era il trucco che usavano in Sicilia per non arrivare a condannare Cosa nostra. Ma è un metodo che funziona sempre, anche oggi, quando non si vuole affrontare la realtà di un fatto. Si parva licet, scendendo a cose minute, l’atomizzazione è stata usata per non capire quello che è successo in Consiglio comunale, a Milano, il 27 febbraio 2017.

Una seduta a porte chiuse, con voto segreto (non succedeva dal 1993, in piena crisi di Mani pulite). Per votare la mozione di censura di un’assessore che si era rifiutata di rendere pubblica la sua dichiarazione dei redditi. E che quando lo aveva fatto, dopo ritardi, insistenze, polemiche, errori e correzioni, aveva reso palese che il suo conflitto d’interessi non era svanito, ma raddoppiato: una manager Microsoft era stata chiamata dal sindaco Giuseppe Sala come assessore alla digitalizzazione, con la possibilità (quasi certezza) di avere Microsoft, già fornitore del Comune, tra i partecipanti alle prossime gare milionarie dell’amministrazione. Dalle dichiarazioni che voleva tenere segrete si scopre che di Microsoft è anche azionista (per 3,6 milioni di euro).

Uno: la seduta segreta è una vergogna per Milano. Due: il conflitto d’interessi è uno scandalo oggettivo. Tre: è infinitamente triste che anche chi, nella maggioranza, sa e capisce abbia preferito non disturbare il manovratore, abbia ricacciato in gola dubbi e critiche e, per evitare di dare anche il più piccolo dispiacere al sindaco e ai capi del Pd milanese, abbia infine votato contro la censura. Sono stati 27 voti su 27 presenti, tutti allineati e coperti come soldatini obbedienti. Anche quelli che su Facebook si presentano come campioni di indipendenza e libertà.

Se a Milano ci fosse un’opinione pubblica, non mancherebbe di rilevarlo. Non c’è più, come osserva Nando dalla Chiesa, se non per celebrare le magnifiche sorti e progressive della città. Quelli che erano indignati contro i conflitti d’interessi di Silvio Berlusconi e compari, ora spaccano il capello in quattro per minimizzare, lenire, troncare, sopire. Chi prova a porre il problema, viene respinto con il metodo della atonomizzazione. Questa brutta storia di codardia che finisce per coprire l’altrui mancanza di senso civico e cultura istituzionale viene risolta con piccole, minute, sensate spiegazioni. Dividendo in atomi il problemone, una spiegazioncina la si trova sempre. E alla fine tutto quadra e ci si mette la coscienza a posto. Così fa il consigliere comunale Pd e presidente della Commissione consiliare Antimafia David Gentili (che pur Falcone lo dovrebbe conoscere).

La seduta segreta? È stata imposta dalla segreteria generale del Comune sulla base del regolamento comunale: la spiegazione non fa una grinza, peccato che la burocrazia venga usata (quando serve, quando si vuole) per togliere la castagne dal fuoco e non porsi il problema politico. Se fosse stato il centrodestra berlusconiano a imporre una seduta segreta, ci sarebbero state le bandiere rosse davanti a Palazzo Marino.

Il voto contrario alla censura? La mozione era contro il rifiuto dell’assessore di rendere pubblica la sua situazione patrimoniale, ma una volta obbligata a farlo, seppur in ritardo, la mozione è superata dai fatti: anche questa spiegazione non fa una grinza, ma puzza d’ipocrisia e di formalismo. Il rifiuto di comunicare la situazione patrimoniale non è solo il segno di una incredibile assenza di senso delle istituzioni; è anche il tentativo dell’assessore di nascondere il suo essere anche azionista Microsoft per una cifra consistente. La censura diventa così, inevitabilmente, un segnale di critica per il disprezzo istituzionale mostrato e per il conflitto d’interessi evidenziato.

Conflitto d’interessi? Ce l’hanno potenzialmente tutti (e dunque nessuno), dice incredibilmente Gentili. Basta renderlo esplicito e trovare manovre correttive. No, qui le grinze ci sono. Il conflitto d’interessi è una situazione oggettiva, non una determinazione soggettiva. È precedente alle scelte politiche e alle decisioni amministrative. E non è di tutti, ma di chi ha interessi privati che si sovrappongono agli incarichi pubblici. I contorcimenti di Gentili (“Se i miei genitori hanno un seminterrato, allora io non potrei fare il consigliere regionale perché potrei trovarmi a votare una legge sui seminterrati?”) hanno il suono delle unghie sulla lavagna.

La realtà, guardata con occhio schietto e senza supercazzole per giustificare l’ingiustificabile e preservare le proprie carriere, è molto semplice: è intollerabile che il sindaco Giuseppe Sala abbia scelto molti degli assessori in famiglia e nel suo giro d’affari (ci ricordiamo vero che Roberta Cocco è anche moglie di un partner e vicepresidente di Bain & Company, che ha lavorato per Expo?), costruendo il suo cerchio magico e infischiandosene dell’insormontabile conflitto d’interessi di un manager Microsoft e azionista Microsoft che potrà dare appalti a Microsoft.

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ilfattoquotidiano.it, 6 marzo 2017
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