PERSONE

La cena dei finti nobili (e veri fascisti)

La cena dei finti nobili (e veri fascisti)

Raramente i comunicati stampa sono efficaci e divertenti. Ma qualche giorno fa me n’è arrivato uno che è addirittura esilarante. Dice che un centinaio di Nobili (con la enne maiuscola) si ritroveranno, domani sabato 21 gennaio, in una trattoria milanese, “per una cena riunione nazional-popolare, a base di stufato e polenta, per discutere di tradizioni e futuro”. A promuovere la serata è l’associazione culturale Aristocrazia Europea che ha come finalità “lo studio e la tutela del patrimonio storico, genealogico e araldico delle famiglie nobili europee, ma anche la riscoperta e l’attualizzazione dei valori di cavalleria cristiana, patriziato e aristocrazia, nel senso di selezione della classe dirigente (anche politica) secondo criteri di meritocrazia, di autentico e disinteressato impegno sociale e patriottico, per la propria comunità e per il proprio territorio di appartenenza”.

Come resistere? Tutti al ristorante Il Generale, sabato sera! La parte migliore è l’elenco dei presenti. “A chiamare l’adunata è stato il presidente conte Ezra Annibale Foscari Widemann Rezzonico (discendente dai Dogi di Venezia), ospiti d’onore saranno la contessa Elena Manzoni di Chiosca e Poggiolo dei marchesi Pasqualino di Marineo ed il barone transilvano-siculo-montenegrino Ivan Drogo Inglese di San Giacomo del Pantano (presidente della associazione Assocastelli e promotore di un progetto nazionale di valorizzazione culturale, turistica ed economica delle dimore storiche italiane, di cui è testimonial Sua Altezza Reale il principe Emanuele Filiberto di Savoia, principe di Venezia)”.

Non basta: “Fra i presenti ci saranno sicuramente: la giornalista e pr contessa Francesca Lovatelli Colombo Caetani dei principi di Teano e duchi di Sermoneta, la giornalista e scrittrice contessa Katia Melzi d’Eril dei duchi di Lodi e conti di Magenta, il marchese Piergianni Prosperini di San Pietro (abbandonata la politica attiva in regione Lombardia…), il conte Enzo Modulo Morosini di Risicalla e Sant’Anna (uno dei massimi esperti di araldica in Italia), il conte Franco Tardivo di Ressairage, i baroni Giulio Cesare e Barbara Ferrari Ardicini (editori e produttori di vino nel Chianti), i baroni Roberto e Veronica Jonghi Lavarini von Urnavas (lui più noto come il ‘barone nero’), il nobile Gianpaolo Berni Ferretti dei conti di Castel Ferretto (avvocato ed esponente emergente di Forza Italia), il nobile Mario Dalla Torre dei conti del Tempio di Sanguinetto (pittore, scrittore, pranoterapeuta e guaritore), la nobildonna caucasica Lali Panchilidze (rappresentante della Casa Reale Bagrationi di Georgia e presidente della associazione culturale Italia-Georgia), la nobildonna milanese architetto Francesca Tinelli di Gorla e tanti altri, ma non solo nobili, anche borghesissimi imprenditori e professionisti, interessati a questi valori e argomenti”.

Manca solo la contessa Pia Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare e poi “l’adunata” è completa. Come perdere lo stufato e polenta per selezionare la classe dirigente in compagnia del marchese Piergianni Prosperini di San Pietro, acerrimo nemico degli immigrati, tutti da mandare a casa loro “cun el camel” (con il cammello), che ha “abbandonato la politica attiva” perché nel dicembre 2009 è stato portato dai carabinieri a San Vittore, arrestato per corruzione, per aver intascato in Svizzera una stecca da 230 mila euro in cambio di un appalto regionale da 7,2 milioni in spot per il turismo in Lombardia (soldi nostri: Prosperini ha poi ammesso le accuse e patteggiato una pena di 3 anni e 5 mesi). Quanto a Jonghi Lavarini, nero lo è (nel senso di fascista), nobile per niente: il titolo se l’è inventato. Mica come i Barbacetto, migranti (economici) dal poverissimo Friuli alla ricca Germania (nel Medioevo), dove però furono ottimamente accolti tanto che ottennero il titolo di nobili del Sacro Romano Impero! Che dite? Vengo alla cena?

 

La replica di Roberto Jonghi Lavarini

Confermo che, pur essendo uno dei due vice presidenti pro tempore, con la politica, e con la mia militanza nella destra radicale, l’associazione culturale Aristocrazia Europea non ha nulla a che fare. Si tratta di due ruoli e attività assolutamente differenti e distinte. Per quanto riguarda l’ironico e polemico articolo del Fatto Quotidiano, poi ripreso da Dagospia, non posso che confermare la mia stima e simpatia per il giornalista Gianni Barbacetto che, ovviamente, da buon compagno giacobino, mio coerente avversario politico, non poteva che parlare male di un gruppo di nobili che si riunisce in associazione e si ritrova a cena, salvo poi esibire, da autentico radical chic, una sua presunta discendenza da una famiglia nobile del Sacro Romano Impero.

Quanto a me, ha perfettamente ragione: “barone nero” è un simpatico soprannome che mi diedero da ragazzino quando frequentavo il Movimento Sociale Italiano. La mia famiglia non è nel Libro d’Oro della Nobiltà Italiana e, pur usando pubblicamente titolo e insegne baronali da oltre duecento anni, su palazzi e documenti ufficiali, essendo orgogliosamente walser (minoranza etnico linguistica tedesco vallese del Monte Rosa), il corretto titolo spettante è quello di “freiherr”, che nella tradizione nobiliare germanica e alpina, significa letteralmente “libero signore”, una specie di capo tribù di montagna, legato al proprio territorio, alla propria comunità ed alle proprie tradizioni… A questo titolo sì, sono veramente affezionato, ed anche per questo, nella mia vita e militanza politica, mi sono sempre comportato da uomo libero. (RJL)

Il Fatto quotidiano, 20 gennaio 2017
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