MILANO

Giuseppe Sala e il falso Expo, altri sei mesi di indagini

Giuseppe Sala e il falso Expo, altri sei mesi di indagini Beppe Sala, il commissario Expo candidato alle primarie milanesi, durante la commissione consiliare congiunta su Expo che si è svolta a Palazzo Marino, Milano, 25 gennaio 2016. ANSA/ DANIEL DAL ZENNARO

Altri sei mesi per indagare sul più grande appalto di Expo e sul suo commissario, Giuseppe Sala, che nel frattempo è diventato sindaco di Milano. Il giudice delle indagini preliminari Lucio Marcantonio ha detto sì: la Procura generale ha tempo fino al 10 giugno 2017 per proseguire l’inchiesta che la Procura voleva archiviare. L’appalto è quello sulla “piastra”, l’infrastruttura di base (valore 272 milioni di euro) su cui è stata impiantata l’intera esposizione. La richiesta era stata rivolta al gip dal sostituto procuratore generale Felice Isnardi, che ora potrà decidere anche di interrogare Sala, ex commissario e amministratore delegato di Expo.

Contrastata, la storia dell’indagine sulla “piastra”. Aperta nel 2014 dai magistrati coordinati dal procuratore aggiunto Alfredo Robledo, era stata rallentata e danneggiata in corsa, dapprima dalla competizione tra la squadra di Robledo e quella di Ilda Boccassini, che stava compiendo anch’essa indagini su Expo; poi dagli interventi del procuratore Edmondo Bruti Liberati, che proibiva a Robledo di interrogare un funzionario arrestato che sapeva molto degli appalti, Antonio Rognoni, e poi lo escludeva dalle indagini. Due anni dopo, con il carniere quasi vuoto, i tre magistrati della Procura che avevano tentato di fare le indagini (Roberto Pellicano, Paolo Filippini e Giovanni Polizzi) avevano chiesto l’archiviazione del fascicolo. Era stato il gip Andrea Ghinetti, nell’ottobre 2016, a non accogliere la richiesta d’archiviazione inoltrata dalla Procura.

A quel punto era scesa in campo la Procura generale, che ha anche il compito di vigilare sul lavoro della Procura: il procuratore generale Roberto Alfonso il 10 novembre ha deciso l’avocazione, mandando il sostituto procuratore generale Felice Isnardi a sostituire i tre pm. Il primo atto di Isnardi, dopo aver letto le carte, è stato quello di iscrivere due nuovi indagati, Giuseppe Sala e Paolo Pizzarotti, chiedendo sei mesi per nuovi accertamenti. Al primo contesta il falso ideologico e materiale, per aver falsificato la data negli atti di nomina di due dei commissari della gara d’appalto, sostituiti in corsa durante le procedure. Al costruttore Pizzarotti, risultato sconfitto dalla concorrente Mantovani, contesta invece la turbativa d’asta. I due si aggiungono ai cinque già indagati dalla Procura: gli ex manager di Expo Antonio Acerbo e Angelo Paris, l’ex presidente della Mantovani spa Piergiorgio Baita e gli imprenditori Ottaviano ed Erasmo Cinque, tutti accusati a vario titolo di corruzione e turbativa d’asta.

Tra gli atti svolti nelle settimane scorse da Isnardi, l’acquisizione di documenti presso la sede della Mantovani a Padova, ma anche l’inserimento nel fascicolo dell’intervista rilasciata da Sala il 21 dicembre a Repubblica. “Quello che è successo in quelle giornate convulse onestamente non lo ricordo”, dichiarava il sindaco, che dunque non smentiva di aver potuto firmare documenti con le date false. “L’indagine ha comunque appurato che ciò che sarebbe accaduto è stato irrilevante per la regolarità della gara”, ha aggiunto, sostenendo la tesi del “falso innocuo” fatta propria finora anche dalla Procura di Milano. Ora a valutare il peso di quel falso sarà la Procura generale.

 

 

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Il Fatto quotidiano, 10 gennaio 2017
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