MILANO

Scali Fs, benvenuti alla Leopolda delle Ferrovie

Scali Fs, benvenuti alla Leopolda delle Ferrovie

Tre giorni di discussione e dibattito. Aperto alla città, come si dice. Bello no? È la partecipazione, è la democrazia. Se poi lo chiami “workshop” fa ancora più figo. Il titolo è: “Dagli scali la nuova città”. È in corso a Milano, per discutere la partita urbanistica più rilevante dei prossimi dieci anni (insieme alla sorte dell’area Expo) e cioè quella per decidere che cosa fare delle grandi aree degli scali ferroviari. Sono sette, per un totale di 1 milione e 250 mila metri quadrati: 519 mila lo scalo Farini, 217 mila lo scalo Romana, 158 mila San Cristoforo, e poi Porta Genova (89 mila), Greco (74 mila), Lambrate (70 mila), Rogoredo (21 mila).

Più di 1.200 persone si sono iscritte per intervenire al “workshop”. Ma molte di queste con intenti molto critici. “Questo è un finto percorso di partecipazione”, ha dichiarato per esempio Marco Dezzi Bardeschi, architetto, ingegnere, docente al Politecnico di Milano. “Coinvolgere la città nelle scelte più importanti per il suo futuro non si fa con tre giorni di convegno, ma con un concorso pubblico, aperto e trasparente”. Il professore è tra i 300 architetti, urbanisti e personalità cittadine – tra loro anche Vittorio Gregotti, Giulia Maria Crespi e l’economista Marco Vitale – che hanno firmato un appello contro le scelte del Comune guidato da Giuseppe Sala. Che cosa dicono i 300? Che la progettazione della città deve partire dall’amministrazione pubblica (Comune, Città metropolitana, Regione) e non dagli operatori privati.

Qui invece si parte dai desideri del proprietario delle aree, uno strano immobiliarista che si chiama Sistemi Urbani ed è il braccio operativo delle Ferrovie dello Stato. Fs possiede i terreni e ha negoziato con il Comune di Milano quanto poterci costruire su, come fosse un qualunque palazzinaro, con l’obiettivo di incassare dall’operazione circa 500 milioni di euro. Poi, per tenere un’arma puntata contro l’amministrazione, ha presentato un ricorso al Tar contro il Comune per la mancata ratifica del precedente accordo di programma (che non è stato approvato nell’ultima fase della gestione Pisapia), riservandosi di chiedere i danni. E il Comune cosa fa? Come se niente fosse, organizza il famoso “workshop” insieme a Sistemi Urbani: si presenta a braccetto con la controparte, che lo tiene sotto tiro con una pistola.

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Al “workshop” parleranno in tanti, ma cinque tra i tanti saranno più uguali degli altri: sono i cinque studi di professionisti scelti dalle Ferrovie per raccogliere le idee su come usare le aree. Sono “gruppi multidisciplinari guidati da architetti di fama internazionale”, garantisce Fs. Ma perché li ha scelti l’operatore privato? Perché il Comune ha lasciato fare? Perché non è stata fatta una gara? Perché non un concorso pubblico, rimandato a una seconda fase?

Pierfrancesco Maran, l’assessore all’urbanistica, garantisce che il dibattito è aperto e che la gara ci sarà, in futuro, per scegliere il masterplan. Intanto però i 300 protestano. Contestano l’incarico diretto di consulenza dato ai cinque studi, senza selezione pubblica. E chiedono un coinvolgimento reale della città, non una Leopolda delle Fs (oltretutto fuoritempo): tre giorni di passerella in cui tutti possono dire quello che vogliono, tanto poi le decisioni saranno prese chissà dove da Ferrovie insieme al sindaco e a qualche assessore.
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Pierfrancesco Maran, assessore all’urbanistica del Comune di Milano, al workshop sugli scali ferroviari, 15 dicembre 2016

Il Fatto quotidiano, 16 dicembre 2016
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