POLITICA

Firme false per le elezioni, eterno vizietto dei partiti

Firme false per le elezioni, eterno vizietto dei partiti

Dove qualche magistrato è andato a ficcare il naso, ha trovato firme false e liste elettorali presentate con documentazione irregolare. Oggi l’attenzione è concentrata su Bologna e la Sicilia (Cinquestelle). Ieri è successo in Lombardia con la lista di Roberto Formigoni (Ncd), in Piemonte con quella di Roberto Cota (Lega), nel Lazio con Renata Polverini (Pdl), a Bergamo con il presidente della Provincia Matteo Rossi (Pd).

A Milano il caso più clamoroso, emerso grazie alle denunce dei Radicali: false, dicevano, le firme con cui era stato presentato nel 2010 il “listino” di Formigoni, candidato presidente del centrodestra alla Regione Lombardia. Dopo una lunga vicenda giudiziaria, era stato provato che almeno 926 firme erano state taroccate ed erano fioccate condanne per falso ideologico pluriaggravato: 2 anni e 9 mesi, in primo grado, a Guido Podestà, già presidente della Provincia di Milano e responsabile elettorale regionale del Pdl. In appello, nel settembre 2016, Podestà viene assolto perché i giudici non ritengono provata la sua responsabilità, ma confermano le condanne agli altri imputati perché le firme erano state effettivamente falsificate.

Sempre nel 2010, in Piemonte la lista “Pensionati per Cota” era stata “illegittimamente ammessa” alle elezioni perché aveva 17 autenticazioni di firme false. Questo ha “invalidato e travolto tutto il procedimento elettorale”, scrive il Tar del Piemonte nel suo dispositivo, perché ha “influito in modo determinante sul risultato” e provocato una “nullità insanabile”. Segue l’annullamento della tornata elettorale che aveva portato Cota alla presidenza della Regione e la convocazione di nuove elezioni.

Il caos firme raggiunge l’apice a Roma nel 2010, quando la lista del Pdl alle elezioni regionali del Lazio viene esclusa perché presentata fuori tempo massimo e la Corte d’appello non ammette neppure il listino della candidata presidente del centrodestra Renata Polverini perché priva della firma di un rappresentante di lista. Polverini riuscirà comunque a sconfiggere Emma Bonino e a essere eletta presidente, facendo convergere i voti del Pdl sulla sua lista civica.

A Bergamo le firme false, invece, hanno fatto quasi saltare il presidente della Provincia: Matteo Rossi, del Partito democratico, aveva autenticato, come consigliere provinciale e dunque pubblico ufficiale, firme presentate per far partecipare alle elezioni del 2010 una lista Pensionati. Alcune erano risultate irregolari e due addirittura raccolte da persone che in realtà erano morte da tempo. La legge Severino lo avrebbe fatto decadere da presidente della Provincia, in caso di condanna. Per evitare il rischio, proprio l’ultimo giorno utile, Rossi ha patteggiato sei mesi per falso in atto pubblico. “Sono sereno, ho agito in buona fede”, ha dichiarato. E avanti come niente fosse a fare il presidente.

Il Fatto quotidiano, 23 novembre 2016
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