Ora è la sinistra a turarsi il naso e votare per paura
Si può votare guidati dalla paura? Certo. Succede in molti Paesi d’Europa. E sta succedendo anche ai ballottaggi di oggi. I voti si decidono sull’asse destra/sinistra, ma ora anche su un altro asse: ci sono i voti “positivi” (scelgo una lista o un candidato perché mi piacciono le loro idee e le loro proposte); e quelli “negativi” (voto una lista o un candidato perché devo scongiurare un pericolo che verrebbe dall’affermazione del suo avversario). Quest’ultimo è un voto dettato, sostanzialmente, dalla paura. Era una modalità di scelta elettorale molto comune nella Prima Repubblica, quando il mondo era diviso in due blocchi contrapposti: molti italiani votavano Dc per paura del comunismo, perché volevano garantire la salda permanenza dell’Italia nel blocco occidentale.
Conseguenza della paura: il “turarsi il naso”. Non voto il partito che più mi convince, ma quello che più mi difende dalla paura, anche se non mi convince affatto. Così la Dc era scelta, in quanto baluardo anticomunista, anche da tanti che la consideravano un partito inadeguato, inefficiente, o addirittura corrotto. Silvio Berlusconi ha riproposto a lungo, in maniera nuova, quella vecchia tipologia di scelta, indicando in Forza Italia il partito in grado di fermare i “comunisti”. La paura è una potente motivazione del voto, soprattutto se combinata con gli interessi materiali degli elettori cui ci si rivolge.
Tramontato l’anticomunismo, ha preso piede – e non soltanto in Italia – una nuova spinta “negativa” al voto: la paura dello straniero, del diverso, dell’immigrato, dell’islamico, dell’omosessuale, del rom, temuti come coloro che potrebbero portare al disfacimento il nostro mondo materiale e culturale. Di solito è la destra politica a far uso delle paure e del voto “negativo”, dalla guerra fredda a oggi, mentre la sinistra solitamente preferisce fare campagne “positive”, agitare ideali, promettere il cambiamento. Ma nella tornata elettorale in corso è successa una cosa inedita: la sinistra si è impossessata del voto “negativo”. I ballottaggi, certo, aiutano, semplificando la contesa in un testa a testa fra due facce.
La sinistra – al governo, sotto attacco e in difficoltà soprattutto nelle grandi città – non riesce però più a presentarsi come il rinnovamento e a chiedere un voto “positivo” per il cambiamento. È tallonata a Roma e a Torino dal Movimento 5 stelle, che gioca il ruolo del nuovo arrivato sulla scena della politica. E a Milano da un centrodestra che, sotto la guida di Stefano Parisi, si propone come il “cambiamento” dopo gli anni di Giuliano Pisapia. Ecco allora che il Pd fa scattare la molla della paura: a Roma e Torino “non si può affidare la città a dilettanti allo sbaraglio”; a Milano – ancor più violentemente – bisogna “turarsi il naso” e votare Sala, anche se non lo si ama, per non consegnare la città a leghisti, razzisti, fascisti, omofobi, xenofobi.
Ecco una email elettorale diffusa a Milano: “Cari amici, e se, al loro arrivo in Stazione Centrale, le famiglie migranti venissero accolte da Matteo Salvini e Riccardo De Corato? E se non ci fossero più l’umanità dei volontari e degli operatori del terzo settore, ma gente che predica l’odio e la chiusura delle frontiere? Perché il centrodestra è così. Ignazio La Russa è sempre Ignazio La Russa, in fondo. Una cosa è chiara: al voto di domenica 19 non dobbiamo prenderci rischi”. Ormai non cercano di convincere che Sala è un buon candidato, ma che “gli altri sono peggio”. I risultati di stanotte ci diranno dunque non solo chi amministrerà nei prossimi anni le grandi città, ma anche se è nata la politica della paura declinata a sinistra e se è riuscita a vincere.
A Milano per il Pd la destra è fascista razzista xenofoba omofoba, a Napoli invece va votata. Così dice la lettera di un dirigente del Pd di Napoli, successivamente smentito dai vertici del partito.