Il ballottaggio della paura (e del naso turato)
Sotto un cielo livido, Milano si avvia alla conclusione della campagna elettorale con un’incertezza che fa tenere il fiato sospeso ai sostenitori di entrambi i candidati. Sarà una lotta all’ultimo voto. Una partita decisa ai rigori. La città, in verità, è tranquilla e non sembra affatto appassionarsi allo scontro tra i due gemelli diversi. Già al primo turno ha votato solo la metà dei cittadini: record negativo storico per Milano. Ora tutto lascia prevedere che domenica gli elettori saranno ancor meno. Ma tra le due tifoserie la fibrillazione è altissima.
Il centrosinistra di Giuseppe Sala era uscito terrorizzato dal voto del 5 giugno. Il centrodestra di Stefano Parisi, invece, era galvanizzato per essere riuscito nel miracolo di aver quasi raggiunto l’avversario. Terrei i volti dei capi del Pd milanese, il segretario Pietro Bussolati, l’assessore Pierfrancesco Maran, il ministro Maurizio Martina, consapevoli che se perdono Milano la loro carriera politica è finita. Dopo 24 ore di smarrimento, hanno ripreso la corsa, con l’obiettivo di recuperare i tanti, tantissimi non-entusiasti-di-Sala. Coinvolto Gherardo Colombo come garante della legalità. Apparentamento con i radicali di Marco Cappato (che pure ha presentato esposti contro Sala considerato non eleggibile per il ruolo che avrebbe mantenuto in Expo). Schieramento (propiziato da una telefonata di Giorgio Napolitano?) di Emma Bonino come “principale consigliera per la politica internazionale” (che non è proprio il compito principale del sindaco di Milano). Una paginata di pubblicità (“Caro Beppe”) firmata da Umberto Veronesi. Occhiolino strizzato a Basilio Rizzo e ai suoi sostenitori di sinistra affinché non lascino la città nelle terribili mani di Gelmini-Salvini-La Russa-Lupi. Raccolta di firme di personaggi della cultura e dello spettacolo, da Lella Costa a Gabriele Salvatores, da Emilio Isgrò a Cristiana Capotondi.
Funzionerà? L’aria che tira è da “turiamoci il naso”. La frase che più si sente ripetere: “Sala non ci piace, ma quegli altri sono peggio”. Si è capovolto il clima festoso e ironico del 2011, segnato dalla campagna virale “È tutta colpa di Pisapia” che fece trionfare il sindaco “arancione”. Oggi circolano appelli lugubri e minacciosi del tipo: “Non vorrete lasciare la città in mano a leghisti, fascisti, omofobi, razzisti?”. Il mantra 2016: “È la giunta che conta!”, come ripete fino allo sfinimento il protagonista dell’esilarante/inquietante video messo in rete dal Terzo Segreto di Satira. La scelta, scrive l’editore Lillo Garlisi, è tra “una coalizione (magari) non esaltante, e una coalizione che assembla (sicuramente) il peggio delle destre che abbiamo conosciuto negli ultimi decenni”. Avrà effetti una campagna tutta incentrata sulla paura dei barbari alle porte? Lo sapremo domenica sera. Certo che la corsa di Parisi ha avuto, dopo il primo turno, un rallentamento. Forse sarà l’eco a Milano dei conflitti, romani e nazionali, tra forzisti e leghisti, tra berlusconiani e sostenitori di Giorgia Meloni. L’ex sindaco Gabriele Albertini (ex Forza Italia, oggi area Ncd) ha definito ieri, a Radio Popolare, i voti della Lega “una quota decisamente marginale”; ha subito reagito il presidente della Regione Roberto Maroni, che l’ha attaccato dalla sua pagina facebook.
Pesa anche la minor forza organizzativa del centrodestra. “La mattina vado nei mercati con Parisi”, racconta preoccupata ai suoi Silvia Sardone, la giovane “rottamatrice” di Forza Italia. “Ma il pomeriggio non so dove andare, perché il partito non ha un suo programma d’iniziative a Milano. È mai possibile?”. A decidere il sindaco saranno le periferie: se domenica torneranno a votare, Parisi avrà più speranze di farcela.
Ci sono quelli che comunque non accettano il ricatto “o Sala o il diluvio” e sceglieranno, questa volta, di restare a casa o annullare la scheda. Tra questi, il premio Nobel Dario Fo e lo scrittore Corrado Stajano, dietro di loro tanti altri che ribadiscono sui social il loro netto rifiuto alla coppia Sala-Parisi. Crepe anche sul fronte destro di Sala: “A questo punto, io non ci sto più”, ha scritto su facebook il radicale Alessandro Litta Modignani, indignato per il sostegno del Pd a Sumaya Abdel Qader, candidata con il velo, “che rappresenta l’esatto opposto di tutto ciò per cui mi sono battuto nel corso della mia vita: la cultura laica e liberale, la libertà sessuale, i diritti della donna, la lotta all’oscurantismo e al fondamentalismo religioso, la difesa di Israele”.
Dopo le ultime scintille tra i candidati nei confronti televisivi, la campagna elettorale avrà una chiusura in tono minore. Niente grandi appuntamenti in piazza Duomo, alla larga i leader nazionali scaccia-voti. Ieri sera, festa in discoteca per i sostenitori di Parisi, stasera concerto dietro il Castello Sforzesco per Sala. Poi tutti ad aspettare con trepidazione il più incerto dei risultati.