Effetto Sala: ora Milano cerca un candidato civico
Con la vittoria di Giuseppe Sala alle primarie del centrosinistra, stavolta si è chiuso un campionato e se n’è aperto un altro. Quelle scorse, vinte nel 2010 da Giuliano Pisapia, sono poi sfociate nella festa della vittoria in piazza Duomo, con tanto di effetti speciali (un doppio arcobaleno). Queste no, sono diverse. I protagonisti (il sindaco Giuliano Pisapia, gli sfidanti Francesca Balzani e Pierfrancesco Majorino) giurano che sosterranno lealmente il vincitore, a giugno, quando si dovrà votare il sindaco. Ma non possono garantire che i loro elettori faranno altrettanto. Si è consumata una rottura irreversibile, nella surreale serata di domenica al Teatro Elfo Puccini, quando è stato proclamato il vincitore. Una parte del pubblico non festeggiava affatto. Si rendeva conto che, malgrado la retorica dello “stiamo tutti insieme”, stava avvenendo una svolta: nel momento in cui il commissario Expo saliva trionfante sul palco, finiva l’era Pisapia finiva e iniziava un’altra storia. Non si sa ancora quale, ma di certo diversa.
La possibilità dunque che compaia sulla scena un nuovo candidato sindaco per le elezioni di giugno è molto concreta. Ci stanno pensando in tanti. I gruppi di sinistra che avevano scelto di rimanere fuori dalle primarie, dalla Lista Tsipras a Possibile di Pippo Civati, da Rifondazione comunista ai Comunisti italiani. Ma anche molti che alle primarie hanno partecipato, sostenendo Balzani o Majorino, sono convinti che Sala non possa rappresentare tutto il centrosinistra milanese. Sel sta riflettendo su che cosa fare: se restare nell’alleanza con il Pd e sostenere Sala, oppure rompere e tenere le mani libere. “Ne stiamo discutendo, decideremo”, dice Mirko Mazzali, capogruppo di Sel in Comune.
“Dobbiamo lasciar sedimentare i risultati delle primarie e le inevitabili polemiche che ne sono scaturite”, aggiunge Civati, “e poi dobbiamo parlarci, mettere insieme tutti quelli che non se la sentono di votare Sala. Ma attenzione: non solo le sigle, i gruppi politici, ma la società, i pezzi della città che vogliono cercare un candidato alternativo”. Alcuni esponenti della sinistra milanese hanno preparato un appello (“Ma con Sala no”) che sta cominciando a girare tra personalità della società civile milanese, alla ricerca di un nome che possa mettere d’accordo non solo la sinistra, ma anche quel mondo “civico” che ora resta orfano del “movimento arancione” di Pisapia. Non solo: il tentativo è di coinvolgere anche il Movimento 5 stelle, o almeno i suoi elettori.
“La politica non lascia spazi vuoti”, dichiara il presidente del Consiglio comunale di Milano Basilio Rizzo, esponente della Federazione della sinistra. “Vi sarà dunque ampio spazio per chi non vorrà votare alle prossime elezioni Stefano Parisi o Giuseppe Sala, due direttori generali di giunte di centrodestra. La politica deve offrire un’alternativa a chi vuole una città che non torni indietro”. Civati incalza: “Il candidato uscito dalle primarie del centrosinistra è così spostato a destra che lascia uno spazio enorme. Entro l’inizio di marzo dobbiamo proporre un nome che unisca tutti”.
Intanto la corsa per Palazzo Marino si avvia a essere uno scontro tra city manager: quello di Letizia Moratti, Sala, schierato dal Pd; e quello di Gabriele Albertini, Parisi, scelto dal centrodestra. I due ex direttori generali del Comune di Milano si aggiungono a Corrado Passera, già da tempo in campagna elettorale. “Più che elezioni per il sindaco, sembrano un concorso per il manager dell’anno”, ironizza Civati. Ma proprio per questo il quarto candidato in arrivo potrebbe essere in grado di sparigliare le carte. A condizione che non sia un esponente di partito della sinistra marginale, ma che sappia parlare alla città tutta, compresi gli elettori del movimento di Beppe Grillo non troppo convinti della candidata scelta dai militanti, Patrizia Bedori.
Rischio: l’effetto Liguria. Nel 2015, là le primarie furono vinte da Raffaella Paita, ma lo sconfitto Sergio Cofferati denunciò brogli e non ne riconobbe l’esito. Così alle regionali accanto a Paita si candidò anche Luca Pastorino, sinistra Pd, sostenuto da Possibile. Il risultato fu la vittoria del candidato del centrodestra, Giovanni Toti. Tutti, a Milano, dicono di volerlo evitare, l’“effetto Liguria”, ma sembra davvero difficile che il quarto candidato non faccia presto la sua comparsa in scena.
Il centrodestra, intanto
Il centrodestra milanese scalpita. “Abbiamo lasciato troppo spazio al centrosinistra”, protesta Roberto Formigoni. “Da troppo tempo vediamo solo le mosse del centrosinistra”, gli fa eco il suo successore alla presidenza della Regione Lombardia, Roberto Maroni, “dobbiamo anche noi scegliere il nostro candidato”. Il direttore del Giornale, Alessando Sallusti, ripete di non essere mai stato davvero candidato: “A dicembre avevo dato la mia disponibilità al presidente Berlusconi, a determinate condizioni, ma ora spero che formalizzi la sua candidatura Stefano Parisi”.
Direttore generale di Confindustria negli anni del berlusconismo, Parisi è stato amministratore delegato di Fastweb e poi ha fondato Chili, azienda che oggi non naviga in buone acque e che dunque lascerebbe volentieri (magari comprata da Mediaset?) per tentare la corsa a Palazzo Marino, di cui è stato city manager. Formigoni dichiara che gli piacerebbe come candidato anche il suo compagno di partito (e di Cl) Maurizio Lupi. Ma è Parisi che sta ottenendo (l’avrà entro giovedì) l’investitura di Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Così a Milano ci sarà, a giugno, una gara fra tre manager: Parisi, direttore generale del Comune di Milano con il sindaco Gabriele Albertini; Giuseppe Sala, stesso ruolo con Letizia Moratti; e Corrado Passera, ex banchiere di Intesa ed ex ministro di Mario Monti.