EXPO

I trucchi di Sala per nascondere il buco

I trucchi di Sala per nascondere il buco

Niente extracosti, né contenziosi, né bonifiche. Un aiutino del governo da 20 milioni, un trucco contabile da 200 milioni. Così il preconsuntivo di Expo occulta le perdite, in un bilancio senza alcuna trasparenza.

Va tutto bene. Expo è un successo. I conti sono in ordine. E il suo capo può lanciarsi nella campagna per diventare sindaco di Milano. Il consiglio d’amministrazione di Expo spa ieri sera, 21 dicembre 2015, si è concluso con un comunicato che sprizza ottimismo: “Il patrimonio netto della società Expo 2015 spa a fine 2015 è previsto positivo per 14,2 milioni di euro”. Un brillante risultato ottenuto grazie “all’oculato impiego delle risorse degli anni passati”. I numeri: “L’esercizio dell’anno in corso si chiude con un margine operativo lordo positivo per 14,9 milioni di euro, che deriva da ricavi pari a 736,1 milioni di euro e costi di gestione del valore di 721,2 milioni di euro”.

L’abbellimento dei bilanci ha fatto il miracolo. L’aiutino definitivo lo ha dato il governo Renzi, che proprio un mese fa, il 13 novembre, ha stanziato per Expo 20 milioni per “costi sicurezza imprevedibili”, più altri 60 milioni sottratti alla realizzazione della tramvia Milano-Limbiate (che coprono la quota mai versata dalla Provincia di Milano che ha chiuso i battenti). Preveggente, il governo: i 20 milioni per la sicurezza – imprevedibili? – sono la cifra che permette di evitare il rosso di bilancio, anzi di far apparire i conti positivi per 15 milioni.

È un preconsuntivo. Per capire meglio i magheggi contabili, vista l’assoluta mancanza di trasparenza nella gestione del commissario straordinario Giuseppe Sala, dovremo aspettare il bilancio vero e proprio. Intanto però già ora è evidente che non sono stati presi in considerazione gli extracosti milionari chiesti dalle aziende che hanno eseguito i lavori e su cui sono in corso contenziosi legali: solo per Palazzo Italia, prima trattativa andata in porto, Expo ha pagato 29 milioni in più; per la preparazione dell’area, la Cmc chiede il doppio della cifra con cui aveva vinto la gara, 127,5 milioni invece di 58,5.

Non c’è traccia neppure del contenzioso sulla penale da 3 milioni con la società che ha gestito i parcheggi. Né dei 72 milioni necessari per le bonifiche non realizzate dei terreni. Ma c’è un buco (nascosto) ancor più pesante: i costi di gestione indicati non comprendono i 200 milioni messi dal governo negli anni scorsi e contabilizzati non come costi, ma come investimenti, cioè spese in conto capitale (con sonora bacchettata già arrivata dalla Corte dei conti).

Sarà tutto da vedere anche come sono stati ottenuti i 736 milioni indicati come ricavi, visto che i biglietti sono stati svenduti facendo scendere il prezzo medio dell’ingresso ben al di sotto del previsto (quanto? Non si sa: l’opacità continua). “L’oculato impiego delle risorse degli anni passati” fa venire poi in mente gli alberi che costavano 266 euro l’uno, pagati alla Mantovani ben 716 euro l’uno.

Ma il sostegno politico (e mediatico) di cui gode Sala gli permette di cantare vittoria, nonostante le preoccupazioni che serpeggiano nel collegio dei sindaci di Expo spa e le perplessità di qualche membro del consiglio d’amministrazione. Sala ora è pronto a lanciarsi nella campagna elettorale per conquistare Palazzo Marino. Se gli riuscirà il colpo, si troverà oggettivamente in una imbarazzante situazione di conflitto d’interessi: come massimo rappresentante del Comune (azionista di Expo) dovrà pagare i debiti che ha lasciato come manager di Expo.

Gianni Barbacetto e Marco Maroni, Il Fatto quotidiano, 22 dicembre 2015
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