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Condannato un altro manager di Sala. Ma lui dov’era?

Condannato un altro manager di Sala. Ma lui dov’era?

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Faceva il palo nella banda dell’Ortica” di Enzo Jannacci

È appena tornato dal Camino di Santiago, Giuseppe Sala, il commissario di Expo. E a Milano trova che un altro dei suoi manager è finito nei guai giudiziari. Questa volta – dopo Antonio Rognoni, Angelo Paris, Antonio Acerbo, Andrea Castellotti, Pietro Galli – tocca a Christian Malangone, il manager più operativo della sua squadra, il direttore generale di Expo 2015. Condannato a 4 mesi di reclusione, in rito abbreviato, dal giudice dell’udienza preliminare di Milano Chiara Valori.

Reato contestato: induzione indebita, una delle due fattispecie in cui la legge Severino ha diviso il reato di concussione. Malangone lo ha commesso, secondo il giudice, in concorso con il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni. I fatti sono del maggio 2014. Era in preparazione un viaggio a Tokyo, programmato per il 2 giugno, con l’obiettivo di promuovere in Giappone l’Expo di Milano. È una tappa del World Expo Tour. Maroni deve guidare la delegazione, poiché la Regione è azionista al 20 per cento di Expo spa.

In quei mesi, però, Bobo è nel pieno di una appassionata relazione con una sua collaboratrice, Maria Grazia Paturzo (come dimostreranno le intercettazioni telefoniche che documentano i contatti tra i due). Desidera che Maria Grazia vada con lui a Tokyo, anzi lo vuole a tutti i costi. Così fa pressioni su Malangone, affinché la inserisca nella delegazione. A spese di Expo, naturalmente. Paturzo, intanto, è diventata collaboratrice di Expo spa con un contratto di due anni. Ma alla fine la cosa non si può fare: non ha i titoli per far parte della allegra brigata in partenza per il Giappone. Risultato finale: lo stesso Maroni rinuncia al viaggio e passa l’incarico di guidare la delegazione della Regione al suo vice, Mario Mantovani (sì, quello che sarà poi arrestato per tutt’altri motivi).

La vicenda viene scoperta dal pm Eugenio Fusco che indaga su Maroni e sulle sue indebite pressioni. Non solo quelle a favore di Paturzo, ma anche di Mara Carluccio, sua collaboratrice quando era ministro dell’Interno, a cui riesce a far assegnare un contratto con la società pubblica Eupolis. Fusco chiede di processare Bobo e i suoi presunti complici. Tra questi, Malangone, che chiede il rito abbreviato. Per lui il pm chiede una condanna a 6 mesi. Chiede anche una sanzione di 300 mila euro per la società di Malangone, la Expo spa, in base alla legge sulla responsabilità amministrativa degli enti. Ieri, il giudice sentenzia: 4 mesi a Malangone, assolta la società. Le motivazioni saranno depositate tra 30 giorni.

Così si allunga l’elenco dei manager di Sala nei guai. Il primo fu Antonio Rognoni, arrestato il 20 marzo 2014. Rognoni non lavorava a Expo, ma era il gran capo di Infrastrutture Lombarde. Il giudice delle indagini preliminari Fabio Antezza scrive però che Sala “aveva di fatto delegato il vero ruolo all’ingegner Rognoni, dal quale riceveva costanti suggerimenti (…) e con il quale prendeva le decisioni”. Poi è stata la volta del vero braccio destro di Sala, Angelo Paris, finito in cella l’8 maggio 2014 con l’accusa di essersi “messo a disposizione” della “cupola degli appalti” di Expo.

Dopo tocca ad Antonio Acerbo, subcommissario di Sala, responsabile del Padiglione Italia e delle vie d’acqua: arrestato il 14 ottobre, insieme ad Andrea Castellotti, facility manager di Palazzo Italia. Non va liscia neppure all’uomo di Sala che gestisce i sei mesi di esposizione: Pietro Galli, direttore generale vendite e marketing, viene segnalato dal presidente dell’Autorità anticorruzione Raffaele Cantone perché è stato in passato condannato per bancarotta. Sala non si scompone: domanda chiarimenti a Galli e poi decide di riconfermargli la fiducia. Ora tocca a Malangone. Brutta storia, per l’uomo che dopo Expo sta decidendo, con la benedizione di Matteo Renzi, di candidarsi sindaco di Milano.

Il Fatto quotidiano, 21 novembre 2015
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