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Palenzona, l’uomo che fu un refuso

Palenzona, l’uomo che fu un refuso

Definirlo è difficile. Fabrizio Palenzona, nato sotto il segno della Vergine, si dice “credente peccatore” e nella sua vita ha fatto di tutto. Il pubblicista, il politico, il sindaco, il camionista, il lobbista, il banchiere, il refuso. Nasce a Novi Ligure nel 1953, diventa grande a Tortona, capitale dell’impero dei Gavio, facendo politica nella Dc. Dei Gavio diventa socio (nel consorzio di camionisti Unitra), di Tortona diventa sindaco. Poi, nel 1995, presidente della Provincia di Alessandria: e nomina se stesso rappresentante della Provincia nella Fondazione Crt (Cassa di Risparmio di Torino). Il Camionista si fa Banchiere. Il Politico, intanto, da democristiano diventa ulivista, Margherita, infine quasi-renziano.

La Fondazione Crt è azionista di Unicredit e di Unicredit Palenzona nel gennaio 1999 diventa vicepresidente. Ma Unicredit è azionista di Mediobanca, così nel 2001 diventa anche consigliere dell’istituto che fu di Cuccia. L’Obelix di Novi Ligure colleziona relazioni (con Francesco Cossiga, con Cesare Geronzi, con Gianni Letta, con Luigi Bisignani, con Giulio Tremonti, con Corrado Passera…) e incarichi. Marcellino Gavio, che è costruttore ma anche concessionario di autostrade, lo fa ascendere al vertice dell’Aiscat, l’associazione delle concessionarie autostradali. “Hanno preso Maradona”, commentò entusiasta Pierluigi Bersani.

Contemporaneamente però è anche presidente degli autotrasportatori. Così, praticamente ogni anno, Palenzona Uno e Palenzona Due si esibiscono nella seguente scenetta: il Palenzona Autostradale chiede al governo l’aumento dei pedaggi; il Palenzona Camionista chiede lo sconto per gli autostrasportatori (a spese della fiscalità generale). Alla fine, a pagare sono gli automobilisti e i contribuenti.

Le autostrade, oltre che da Gavio, sono governate dai Benetton. Ed ecco che questi affidano all’Obelix di Novi la presidenza degli aeroporti di Roma, mentre Gavio gli aggiunge la poltrona di presidente di Impregilo, il colosso delle costruzioni, prima che arrivi Salini a portarselo via.

Tra i tanti amici, Obelix ha anche Gianpiero Fiorani, con cui ha condiviso esperienze giovanili da cronista locale. Nel 2005 Fiorani, a capo della Popolare di Lodi, sferra l’attacco ad Antonveneta. Palenzona gli dà una mano. Quando i magistrati milanesi bloccano la scalata e spediscono la Guardia di finanza da Fiorani, Obelix (intercettato) dice: “Quante azioni hanno sequestrato i maiali?”.

Fiorani crolla, lui resta saldo in sella. Il banchiere di Lodi si vendica raccontando di aver passato all’amico 2 milioni di euro su conti esteri e italiani. Palenzona nega e non si oppone alla rogatoria sul conto Chopin presso la Banca del Gottardo di Montecarlo. Va sotto processo per ricettazione, ma “i maiali” sono lenti a processarlo e a salvarlo arriva la prescrizione.

L’aveva scampata già ai tempi di Mani pulite, quando fu arrestato il banchiere “Chicchi” Pacini Battaglia: nella sua agenda furono trovati appunti sulle tangenti del Cociv, il consorzio Alta velocità Milano-Genova, con il nome di Marcellino Gavio, che ne era azionista, e di un certo “Pallenzona”. Un refuso? Scritto con due elle, fece notare Palenzona, dunque non posso essere io.

Quando Corrado Passera, nel 2011, diventa ministro delle infrastrutture, il suo primo atto è il finanziamento del Terzo valico, la nuova ferrovia ad alta velocità che deve collegare Genova con – guarda un po’ – Tortona, la capitale di Gavio. La seconda mossa è lo sblocco degli aumenti dei pedaggi autostradali, ma questo per Palenzona è un appuntamento fisso di Capodanno.

La terza mossa si chiama Brebemi. Un’inutile raddoppio dell’autostrada Milano-Brescia che oggi vediamo finita e desolatamente vuota di traffico, ma che ha fatto lavorare per anni i suoi azionisti principali: Intesa (a finanziare) e Gavio (a costruire). Il sistema è quello del project financing, a parole pagano i privati, in realtà i soldi ora li dovranno mettere le casse pubbliche.

Obelix non fa una piega. Ne ha viste tante, passando indenne dalla Prima alla Seconda Repubblica. Fino a ieri, quando lo hanno messo in mezzo a una storia che – novità – puzza anche di mafia.

Nella foto: Francesco Gaetano Caltagirone, Fabrizio Palenzona e Giuseppe Vegas

Il Fatto quotidiano, 9 ottobre 2015

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