La rete di Palenzona l’intoccabile
Nell’Italia dei poteri declinanti, dei confini incerti tra vecchie signorie e nuovi potentati, Fabrizio Palenzona non è affatto una stella al tramonto. Ora è stato ferito, è vero, dal provvedimento dei magistrati di Firenze che gli rinfacciano rapporti con un imprenditore in odore di mafia, ma l’Obelix di Novi resta un uomo che pesa. Viene dalla Prima Repubblica, vecchia scuola democristiana, cresciuto all’ombra di Donat Cattin, ma nella Seconda si è costruito una posizione solidissima. Il suo segreto sta nel riuscire a sommare forze che normalmente si elidono. E nel giocare su più tavoli. È un supereroe capace di cambiar forma, un Transformer, uno Zelig, un camaleonte del potere. Ha intrecciato relazioni con Luigi Bisignani e Gianni Letta, con Antonio Fazio e Giulio Tremonti, e con Franco Caltagirone, naturalmente. Senza mai dimenticare la sponda a sinistra (“Hanno preso Maradona”, disse di lui Pierluigi Bersani, quando arrivò al vertice dell’Aiscat).
Uomo di relazioni e gran lobbista, ha piantato la sua bandiera su almeno quattro territori: quello delle autostrade, quello dell’autotrasporto, quello degli aeroporti, quello delle banche. Lui rischia su più tavoli contemporaneamente e riesce a sommarne le vincite e azzerare le contraddizioni. La sua magia è riuscire trasformare le debolezze in punti di forza. Il suo punto di partenza, per esempio: Tortona, una cittadina che gran parte degli italiani non sa neppure dove sia. Ma Tortona vuol dire Gavio, famiglia di costruttori che già dagli anni Sessanta si mette nella scia della politica (socialdemocratica, democristiana, ma anche comunista) per diventare centrale nel sistema delle grandi opere pubbliche.
Palenzona diventa socio dei Gavio (nel settore autotrasporti) e cresce con loro. Quando entrano nel settore delle autostrade, che vengono privatizzate e diventano un immenso salvadanaio per chi le gestisce, il Camionista diventa il punto di raccordo tra i Gavio e la politica, l’ufficiale di collegamento. Una volta nel settore, non può non imbattersi nei Benetton, che del ramo sono i numeri uno, non senza contrasti con i Gavio. E qui Obelix si trasforma in Arlecchino servitore di due padroni, tirando fuori però qualche sua pozione magica capace di mettere d’accordo i concorrenti. Diventa fiduciario anche dei Benetton, che lo fanno decollare nel settore aeroporti, mettendolo a capo di Aeroporti di Roma.
La stessa pozione magica la scodella quando deve tenere insieme due mondi che sono fatti apposta per essere in conflitto: autostrade e autotrasporti. Il concessionario autostradale spinge perché il governo aumenti i pedaggi, il Camionista ha interesse che i pedaggi siano bassi. Palenzona è l’uno e l’altro e riesce a giocare entrambi i ruoli. Porta a casa gli aumenti e, insieme, gli sconti per gli autotrasportatori.
Ma il suo miracolo vero è quello che lo ha fatto entrare e crescere dentro il sistema bancario. Il primo passo sembra fatto per caso, ma già è un colpo da maestro. Dopo aver fatto il sindaco di Tortona, va a fare il presidente della Provincia di Alessandria. Non un grande ruolo, per un bulimico di potere. Ma la Provincia ha il diritto di nominare un uomo dentro il consiglio d’amministrazione della Fondazione Crt, Cassa di Risparmio di Torino. “Vai tu”, dice Obelix a se stesso, abituato a recitare molti ruoli in commedia. La Fondazione è uno dei grandi azionisti di Unicredit, la seconda banca italiana, e Unicredit è azionista di Mediobanca, luogo d’incontro dei poteri veri.
Così Palenzona il provinciale diventa vicepresidente di Unicredit e consigliere di Mediobanca. Ruoli non operativi. Ma lui non è abituato alle sinecure. In qualunque posto arrivi fa lobby, si mette a sistema, estrae il diapason per accordare affari e politica. Così conquista potere vero. Del resto, secondo quello che sostengono i magistrati di Firenze, Palenzona a Unicredit non si limita a scaldare la poltrona di vicepresidente, godendosi un ruolo più simbolico che reale: no, decide – se è vera l’ipotesi d’accusa – a chi dare i soldi della banca e a chi no.
Torna Luigi Bisignani. Dopo una fase di declino – le indagini sulla cosiddetta P4, l’arresto, il patteggiamento, il venir meno della sponda berlusconiana con il tramonto di Gianni Letta – “Bisi” ha ricostruito una sua rete di potere. Ruota attorno a Claudio Costamagna (nuovo presidente di Cassa depositi e prestiti), ad Alessandro Daffina (capo della banca Rothschild in Italia), e naturalmente al suo vecchio sodale Paolo Scaroni (ex amministratore delegato di Enel ed Eni che della Rothschild è vicepresidente).
Ha rotto invece con Fabrizio Palenzona, vicepresidente Unicredit, e con l’asse di cui Palenzona è un punto d’equilibrio, quello rappresentato da Gilberto Benetton, Diego Della Valle, Luca Cordero di Montezemolo.
La rottura si vede anche da come Dagospia, che ha in Bisignani un ascoltato influencer, ha trattato l’inchiesta che ha coinvolto Palenzona: sparando ad alzo zero sul possente vicepresidente.
Dimenticati i bei tempi in cui i due facevano squadra. Nelle intercettazioni dell’inchiesta P4, per dire, si sentiva Palenzona proclamare: “L’unico amico che io ho è Bisignani… Porca puttana, io so’ contento di avere amico Bisignani, ricordatelo. È un onore per me”. Luigi Bisignani replicava soddisfatto: “Vai, Fabrizio!”. Era il settembre 2010, erano i giorni in cui i due erano impegnati a scegliere il nuovo amministratore delegato di Unicredit (sarà Federico Ghizzoni) che doveva sostituire il defenestrato Alessandro Profumo.
Oggi gli equilibri dei poteri sono profondamente mutati. Spezzata l’alleanza con Palenzona, Bisignani ha ricostruito una squadra.