Il candidato, i “soci” arrestati e le indagini in freezer
Le indagini giudiziarie su Expo sono state raffreddate, in nome di quella “sensibilità istituzionale” della quale poi il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha ringraziato il procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati. Eppure il ruolo di Giuseppe Sala, commissario dell’esposizione e ormai quasi-candidato sindaco, è fotografato in un passaggio del rapporto della Guardia di finanza su Antonio Rognoni, il gran capo di Infrastrutture Lombarde arrestato il 20 marzo 2014. I vertici di Expo spa, scrivono le Fiamme gialle, hanno tenuto una condotta che non pare “irreprensibile e lineare”. Il riferimento è all’amministratore delegato Sala, al responsabile unico del procedimento Carlo Chiesa e al general manager Angelo Paris: i tre, “pur con gradi di responsabilità diversi”, hanno contribuito a danneggiare un’azienda, la Mantovani, “per tutelare e garantire, più che la società Expo, il loro personale ruolo all’interno di essa”.
La Mantovani aveva vinto il più grande appalto dell’evento, quello della piastra, contro le previsioni della vigilia, che vedevano favorita Impregilo (per cui “tifava” Rognoni). La vincitrice era stata favorita da “spifferi” sulla gara filtrati dall’interno di Expo spa, in cui Paris aveva un ruolo determinante. Quelli che si aspettavano il trionfo di Impregilo restano spiazzati, ecco allora che i vertici di Expo s’incaricano di “punire” la Mantovani imponendo condizioni più dure all’appalto. Mantovani accetta tutto, tanto sa che poi si rifarà chiedendo extracosti. Infatti nel maggio 2014 chiede 110 milioni in più per i lavori della piastra, messi a gara per 272 milioni e vinti nell’agosto 2012 con un’offerta di 165,1 milioni.
Una richiesta che Rognoni, uomo di mondo, aveva previsto. Dopo l’arresto, quando ancora era disponibile a collaborare con i magistrati (prima che Bruti estromettesse il suo aggiunto Alfredo Robledo), dichiara: “Io ero certo che Mantovani avrebbe realizzato un’opera nella quale, il giorno dopo che si iniziava a lavorare, l’obiettivo era quello di recuperare dei costi. Ma è mai possibile che, se io faccio una gara da 270 milioni, arriva il Mago Zurlì che dice che si può fare a 140 e va bene a tutti?”.
All’arresto di Rognoni, Sala reagisce con un secco “la società Expo è estranea alla vicenda”. Eppure il giudice delle indagini preliminari Fabio Antezza in una sua memoria scrive che Sala “aveva di fatto delegato il vero ruolo all’ingegner Rognoni, dal quale riceveva costanti suggerimenti (…) e con il quale prendeva le decisioni”.
Poi, l’8 maggio 2014, ad essere arrestato è il collaboratore più stretto di Sala, Angelo Paris, che finisce in carcere insieme al gatto e alla volpe di Tangentopoli, Gianstefano Frigerio e Primo Greganti. Quando i due si spartiscono le persone da cui andare a fare pressioni, Sala, per affinità politica, tocca a Greganti. Il giudice, a proposito di un’intercettazione tra Frigerio e il suo collaboratore Sergio Cattozzo, scrive: “Cattozzo ricorda al suo interlocutore che Greganti per inserire il Commissario di gara di sua fiducia si è rivolto proprio a Sala”. Paris, dal canto suo, riferisce ai magistrati di aver ricevuto “pressioni” da Rognoni e di aver riferito la circostanza a Sala, il quale “mi ha detto che io dovevo seguire le iniziative del dottor Rognoni perché io non ero un manager construction, se non lo avessi fatto mi sarei dovuto dimettere”.
Com’è andata veramente la vicenda dell’appalto per la piastra non lo sappiamo ancora, perché l’indagine è stata raffreddata come un surgelato e chissà se sarà possibile scongelarla ora che Expo è finita. Certo è che le varie indagini hanno portato agli arresti di tutto il gruppo di vertice dei manager Expo che stavano attorno a Sala. Dopo Paris, tocca (con indagini della Procura di Firenze) ad Antonio Acerbo, subcommissario di Sala, responsabile del Padiglione Italia e delle vie d’acqua: arrestato il 14 ottobre, insieme ad Andrea Castellotti, facility manager di Palazzo Italia.
Paris era davvero l’alter ego di Sala. Molti giornalisti, tra cui chi scrive, erano stati espressamente invitati dal commissario Expo a rivolgersi a Paris per ogni delucidazione sugli appalti: “Parla con lui, è come se parlassi con me”. Quando scattano le manette, Sala pare stralunato. Ai giornalisti, dice: “Alzi la mano chi qui aveva dubbi su Paris”.
L’ultimo manager che gli rimane a piede libero è Pietro Galli, direttore generale vendite e marketing. Peccato che il presidente dell’Autorità anticorruzione Raffaele Cantone gli segnali che Galli è stato in passato condannato per bancarotta. Sala chiede allora di leggere la sentenza e, dopo aver domandato chiarimenti a Galli, decide di riconfermargli la fiducia.