Il “campo progressista” di Pisapia nasce alla Santeria
Il “campo progressista” di Giuliano Pisapia nasce qui, alla Santeria, locale milanese di buona musica e co-working, dove i giovani vanno a bere una birra ma anche a lavorare (o almeno a provarci). Con l’ex sindaco di Milano, ci sono schierati la presidente della Camera Laura Boldrini, l’ulivista doc Franco Monaco, il vicepresidente della regione Lazio Massimiliano Smeriglio, con Gad Lerner a tenere il filo degli interventi e Romano Prodi dall’alto a benedire qualcosa che sembra “un nuovo Ulivo”. Impietosa la diagnosi di partenza: “Se a sinistra ci sono tanti delusi”, dice Boldrini, “è perché c’è chi li ha delusi: una sinistra che ha fatto la destra”. E Pisapia: “Basta con i leader, che diventano sempre l’uomo solo al comando”. Monaco: “Quando si fa antipolitica a bassa intensità, come ha fatto Matteo Renzi nella campagna per il referendum, si finisce per dare ragioni all’antipolitica ad alta intensità”.
La cura: la ricostruzione di una sinistra – dicono Pisapia e i gli altri della Santeria – che non abbia paura di fare politiche di sinistra; ma una sinistra di governo che non si rassegni a essere minoranza; e plurale, civica e unitaria, che non si limiti a “rimescolare il ceto politico esistente”. Per concludere l’identikit (che sembra stilato su Renzi, ma al contrario): sobrietà, misura, gentilezza, con il “noi al posto dell’io”. Il progetto: “Dobbiamo riconquistare i delusi della sinistra”, per Pisapia. Gli astensionisti, “ma anche chi ora vota altri partiti, Pd e Cinquestelle”, azzarda Monaco. E i giovani, per i quali “la sinistra è vista come la responsabile della situazione in cui sono costretti a vivere”, aggiunge Smeriglio.
L’apporto del Pd? Indispensabile, ma non sufficiente: per vincere ci vuole una sinistra che si affianchi al Pd, ma in modo non subordinato. Lo schema che ha in mente Pisapia è quello con cui è diventato sindaco di Milano: primarie per il candidato premier del centrosinistra in competizione con il candidato del Pd, da battere per poi governare insieme, ma da posizioni di forza. Può funzionare a livello nazionale? Tramontata l’era del maggioritario, riflette Monaco, si va alle elezioni in gara con il Pd e l’alleanza si fa solo dopo aver vinto. Con quali alleati? La possibilità che nel “campo progressista” arrivino D’Alema e Bersani mica li fa felici: “Sarebbero una zavorra per chi vuole costruire una novità rispetto al vecchio ceto politico”, dicono (sottovoce) quelli della Santeria.
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