Giuseppe Sala ha fatto tris. Ha tre indagini in corso (e lo sa)
di Gianni Barbacetto e Fabrizio d’Esposito.
Giuseppe Sala è tornato sindaco. Dopo quattro giorni, ha sospeso la sua autosospensione (giuridicamente insostenibile), dicendosi soddisfatto per l’incontro avuto in Procura generale dal suo avvocato, Salvatore Scuto: “Sereno e proficuo”, lo ha definito il legale. In verità, l’incontro è stato del tutto inutile, tanti sorrisi di circostanza e nessuna informazione sulle indagini, che i magistrati non possono dare. Non hanno offerto neppure garanzie su quando Sala sarà interrogato: lo decideranno loro. Quando mai chi indaga si fa dettare i tempi dall’indagato? Ma il sindaco di Milano doveva trovare un modo per uscire dall’impasse, dopo la strana autosospensione decisa d’impulso appena saputo di essere indagato. E allora la visita di Scuto in Procura generale è stata il pretesto da dare alla stampa per spiegare il ritorno.
In verità, Sala è indagato non una, ma tre volte. E lo sa. Perché tutto in questa storia è già stato scritto. Anche se i giornali, che su quel che succede a Roma hanno giustamente la memoria di ferro, tendono a dimenticare che cosa accade a Milano. Ecco dunque i tre procedimenti, noti, in cui il sindaco è sotto indagine.
1. La “piastra”.
Il primo è quello dell’indagine sulla “piastra”, il più grande degli appalti Expo, base d’asta 272 milioni di euro, per costruire l’infrastruttura di base su cui poi sono stati impiantati i padiglioni. Sala è accusato di falso ideologico e falso materiale, per aver retrodatato due verbali per la sostituzione di due commissari di gara che avevano il compito di scegliere l’azienda vincitrice. La Mantovani spa si impose nell’agosto 2012 offrendo, con un ribasso da brivido del 42 per cento, soltanto 165,1 milioni: una cifra che “non era idonea neppure a coprire i costi”, annotano gli investigatori, segnalando anche “numerose anomalie e irregolarità amministrative”, sia nella “scelta del contraente”, sia “nella fase esecutiva”.
La cifra è troppo bassa, ma Sala non bandisce una nuova gara, per paura di non finire in tempo i lavori. Preferisce accordarsi con la Mantovani concedendole senza gara nuovi lavori aggiuntivi che compensino il mega-ribasso iniziale. Per esempio, i 6 mila alberi di Expo sono stati pagati 4,3 milioni (716 euro l’uno), mentre la Mantovani li compra in un vivaio a 1,6 milioni (266 euro l’uno).
La Procura, che non aveva neppure iscritto Sala tra gli indagati, chiede l’archiviazione dell’indagine. Ma il gip Andrea Ghinetti non archivia, bensì fissa l’udienza preliminare per discutere le contestazioni. A questo punto, la Procura generale guidata da Roberto Alfonso avoca l’indagine, che passa al sostituto procuratore generale Felice Isnardi il quale iscrive Sala nel registro degli indagati e chiede altri 6 mesi di tempo. Ora sarà il gip Lucio Marcantonio a decidere se concederli o meno.
2. La casa in Svizzera.
La seconda indagine riguarda le false attestazioni di Sala che da amministratore di Expo aveva dovuto firmare il 19 febbraio 2015 un documento per la legge sulla trasparenza che terminava così: “Sul mio onore affermo che la dichiarazione corrisponde al vero”. Non aveva però dichiarato, tra le sue proprietà, una casa in Svizzera e, tra le sue attività, una società immobiliare in Romania e una azienda in Italia (Kenergy). Aveva anche ammesso la “proprietà al 100 per cento di un terreno sito nel Comune di Zoagli”: ma quel “terreno” in verità era una villa.
Dopo che il caso era stato sollevato da un articolo del Fatto quotidiano il 2 aprile 2016, Sala era stato iscritto, in gran segreto, nel registro degli indagati il 26 aprile. Il 24 giugno 2016 il Fatto aveva rivelato che Sala era indagato. Nessuna autosospensione. A luglio però il pm Giovanni Polizzi aveva chiesto al giudice delle indagini preliminari di archiviare il caso. La richiesta è ancora pendente davanti alla gip Laura Marchiondelli che non ha ancora deciso.
Così come la gip Ilaria De Magistris, che dovrà prendere una decisione sulla terza indagine, quella sulle monete di Expo, vicenda già sollevata nel novembre 2015 dal Giornale. Se le due giudici non accettassero la richiesta d’archiviazione della Procura, potrebbe intervenire anche in questi casi la Procura generale che potrebbe avocare le due inchieste come già quella sulla “piastra” Expo.
3. Le monete Expo.
Sandro Sassoli ha denunciato Sala per truffa il 12 ottobre dello scorso anno. Sassoli è l’amministratore unico della “Museo del Tempo srl”, società che il 14 dicembre 2011 aveva chiuso un contratto con Sala per la licenza esclusiva per le monete e le medaglie di Expo 2015. I gadget dovevano avere due canali di vendita, secondo quanto sottoscritto da Sala, con l’ausilio di tre suoi collaboratori, tra cui Piero alias Pietro Galli, direttore generale della divisione vendite, marketing e gestione di Expo e già condannato definitivamente a due anni per bancarotta fraudolenta, come rivelato dall’Espresso.
Ma Sassoli non otterrà mai quanto concordato, né all’interno dei padiglioni, né con la banca prescelta, Intesa, che si rifiuta di distribuire le monete. Nell’esposto è anche riportata la risposta arrogante con cui Galli, a nome di Sala, liquidò Sassoli che chiedeva chiarimenti: “Fateci causa! Preferisco avere un contenzioso con Museo del Tempo piuttosto che con Banca Intesa”.
Non solo, a fronte dei danni da 25 milioni di euro lamentati dall’azienda, Sassoli si è visto chiedere da Expo mezzo milione di euro come “minimo garantito” previsto dal contratto. Di qui il reato di truffa aggravata per Sala, Galli e altre due persone vicine all’allora commissario di Expo. Alla fine dell’ottobre 2015, il procuratore aggiunto Giulia Perrotti chiese l’archiviazione ma l’opposizione avanzata da Sassoli, assistito dall’avvocato Sergio Orlandi, fece slittare tutto all’udienza del gip del 22 luglio scorso. In pratica, Sala si è candidato sindaco da indagato anche per questa vicenda. E lo resta, in attesa della decisione del gip.
Tre processi (più uno)
1. Giuseppe Sala è indagato per falso materiale e falso ideologico dalla Procura generale di Milano, per aver retrodatato due verbali per la sostituzione di due commissari della gara per l’appalto della “piastra” Expo.
2. Il sindaco è ancora indagato anche per le sue false dichiarazioni sulle proprietà (casa in Svizzera, villa a Zoagli) e attività (società in Italia e Romania). La Procura ha chiesto l’archiviazione, ma la gip Laura Marchiondelli non si è ancora pronunciata.
3. È anche indagato per truffa per la vicenda delle monete Expo. Su questo caso, dovrà pronunciarsi la gip Ilaria De Magistris.
4. Ineleggibile? Accanto ai tre procedimenti penali noti, c’è anche un processo civile che ha per protagonista Sala. Alcuni cittadini milanesi hanno infatti chiesto al Tribunale civile se l’ex commissario Expo non sia ineleggibile alla carica di sindaco. Ha infatti firmato atti della società Expo spa come commissario di governo, in date successive alle sue dimissioni, consegnate il 15 gennaio 2016 con effetto dal 1 febbraio. Il 3 febbraio ha firmato il “Rendiconto 2015” dell’esposizione. E addirittura il 27 aprile 2016 la “Situazione dei conti Expo al 31 dicembre 2015 e 18 febbraio 2016”. Così, sostengono i cittadini ricorrenti, ha sospeso le sue dimissioni restando commissario di governo. Dunque ineleggibile.
Archiviata l’inchiesta sulle medaglie Expo
Archiviata una delle tre indagini in corso su Giuseppe Sala, ex commissario Expo e attuale sindaco di Milano. È quella per reato di truffa che era stata aperta dalla Procura di Milano dopo la denuncia di un imprenditore, Sandro Sassoli, amministratore unico della Museo del Tempo srl, società che nel 2011 aveva firmato un contratto per realizzare le monete e le medaglie di Expo 2015. Poi, spiega l’avvocato Sergio Orlandi, non erano state rispettati gli impegni e Sassoli era stato lasciato senza i canali distributivi promessi (tra cui Banca Intesa). Ora la gip Ilaria De Magistris archivia il fascicolo, sostenendo l’insussistenza della truffa. Intanto la società Expo spa ha chiesto alla Museo del Tempo, con un decreto ingiuntivo del 10 novembre 2016, 600 mila euro, cioè il minimo garantito che Expo ritiene di dover riscuotere per l’affare delle medaglie. “Non soltanto ci siamo opposti alla richiesta in sede civile”, replica l’avvocato Orlandi, “ma stiamo pensando di chiedere a Expo 25 milioni di euro, cioè i danni subiti dalla Museo del Tempo e i mancati guadagni”. Chiusa questa vicenda, Sala resta indagato per la Piasta Expo e per le false dichiarazioni sulla sua casa in Svizzera. (Il Fatto quotidiano, 24 gennaio 2017)
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