POTERI

Carriera, spifferi e miracoli del generale Adinolfi

Carriera, spifferi e miracoli del generale Adinolfi

È diventato presidente della Adnkronos Comunicazione, “società operativa nel mercato della comunicazione d’impresa e delle relazioni pubbliche”. Michele Adinolfi, ex vicecomandante della Guardia di finanza, dovette lasciare le Fiamme Gialle nel dicembre 2015, andando in pensione sette mesi prima della scadenza del suo mandato. Lo avevano bruciato, dopo 40 anni di carriera e d’incidenti di percorso, le intercettazioni dei pm napoletani Henry John Woodcock e Francesco Curcio, in cui il generale appariva intimo di Matteo Renzi, ancor prima che questi arrivasse a Palazzo Chigi. “Chiacchiere tra amici”, spiegò allora Adinolfi. Gli “amici”, oltre a Renzi, Luca Lotti e Dario Nardella, erano Gianni Letta, Denis Verdini, Adriano Galliani e tanti altri. Per i pm, invece, quelle “chiacchiere” erano la prova di “una sistematica e piuttosto inquietante ingerenza dello stesso Adinolfi in scelte e vicende istituzionali ai più alti livelli”.

Ora la sua rete di relazioni potrà pesare nel suo nuovo incarico, a cui è stato chiamato dall’amico Pippo Marra, patron di Adnkronos. I due, Marra e Adinolfi, furono protagonisti di una cena cruciale, di cui si discusse a lungo nel corso dell’indagine, sempre di Woodcock, sulla cosiddetta P4. A raccontarla fu Marco Milanese, ex deputato Pdl molto vicino a Giulio Tremonti. A tavola, il generale Adinolfi rivelò a Pippo Marra che era in corso un’indagine su Luigi Bisignani, ritenuto il capo di una “loggia”, o meglio di un gruppo di pressione impegnato a influire su poteri e organi istituzionali. Per Milanese la cena si svolse nel 2010 (dunque dopo l’apertura dell’inchiesta di Woodcock). Adinolfi ribattè che la cena ci fu, ma nel 2009 (dunque prima dell’avvio dell’indagine, senza che vi potesse essere alcuna rivelazione di segreto istruttorio). Nel dubbio, Adinolfi portò a casa l’ennesima archiviazione della sua carriera.

Fu teso, il confronto tra i due amici davanti ai magistrati napoletani. Milanese cominciò dandogli del tu (“Tu mi hai detto che c’era…”), Adinolfi lo bloccò subito: “Lei, lei…”. Milanese racconta un triangolo composto dal generale, che rivela l’indagine appena iniziata, da Marra che è incaricato di avvertire l’indagato, e da Bisignani che è, appunto, l’indagato. “Mi ha detto che c’era questa cosa di Bisignani e che quindi… ho mandato, come si chiama, Pippo Marra, visto che io non lo conosco, ho mandato Pippo Marra a dirglielo”: così raccontò Milanese. “Ricordo perfettamente la cena a casa di Pippo Marra, che è il mio migliore amico”, ribatté Adinolfi, che è anche padrino di battesimo di uno dei suoi figli. “Ma era il 2009, cioè proprio in epoca ben distante da tutte le indagini”.

Ognuno restò della sua idea, sulla data della cena, e l’indagine sullo spiffero Adinolfi-Bisignani finì lì. Come quella sulle chiacchiere con l’amico Renzi e il suo Giglio magico, a cui chiedeva di essere nominato direttore dell’Aise, il servizio segreto militare. Prima ancora, negli anni Novanta, fu chiamato a testimoniare al processo contro Bruno Contrada, l’agente segreto poi condannato per mafia, e uscì dall’aula indagato per falsa testimonianza. Poco dopo, fu sospettato di essere la gola profonda di Natale Sartori (imprenditore siciliano impiantato al nord, grande amico di Marcello dell’Utri e di Vittorio Mangano, il fattore di Arcore) su cui la Procura di Milano tentò una lunga e delicatissima indagine. Poi fu Luigi De Magistris a scoprire che il generale era amico del principale indagato dell’inchiesta Why Not, l’imprenditore ciellino Antonio Saladino. Infine vennero le indagini di Woodcock sulla P4 e sulla Cpl Concordia.

Da tutto, il generale Adinolfi uscì puro come un giglio. E ora si gode il meritato incarico a cui lo ha chiamato Pippo Marra, che lui chiama “il mio migliore amico”. “Il generale Adinolfi”, si legge nel comunicato della Adnkronos, “nella sua lunga esperienza professionale, ha già avuto modo di affrontare i temi della comunicazione pubblica e dell’organizzazione di strutture ad alta complessità. In questo nuovo incarico potrà certamente contribuire al raggiungimento degli obiettivi di crescita che il Gruppo Adnkronos si pone per i prossimi anni con un’offerta di servizi di comunicazione e informazione che sappiano sostenere sempre più efficacemente le nostre imprese in Italia e in campo internazionale”. E chi meglio di lui?

Il Fatto quotidiano, 6 luglio 2016 (versione arricchita)
To Top