Delle due signore dell’Eni, l’una ha celebrato con tono ottimistico i successi della compagnia e i programmi futuri. Emma Marcegaglia, la presidente, ha espresso “grande soddisfazione per i risultati raggiunti nel 2018” e per il rafforzamento della “nostra posizione in Norvegia, Indonesia, Messico e Medio Oriente”. E ha annunciato un nuovo piano di acquisto di azioni proprie (buyback) e due possibili innovazioni al sistema di governance: la scadenza differenziata degli amministratori (staggered board) e il sistema monistico, nel quale l’organo di controllo è un’articolazione del cda.
La seconda delle signore dell’Eni aleggiava invece nel salone dell’Eur dove si è svolta l’assemblea 2019 degli azionisti, ma il suo nome è stato accennato soltanto da un azionista di Re:common (l’associazione che da anni fa inchieste contro la corruzione) che nelle sue domande ha detto l’indicibile. Marie Magdalena Ingoba, moglie dell’amministratore delegato Claudio Descalzi, secondo i documenti provenienti dal Lussemburgo è la proprietaria di una società (Petro Services Congo) che ha fornito servizi a Eni per 104 milioni di dollari. Se n’è liberata nell’aprile 2014, sei giorni prima che suo marito, già capo del settore Esplorazione di Eni, diventasse amministratore delegato. Dunque la compagnia petrolifera di cui Descalzi è ai vertici ha affidato lavori per milioni di dollari a una società della moglie di Descalzi.
A questo conflitto d’interessi insanabile, che farebbe tremare i vertici di qualunque azienda e impegnerebbe le migliori energie della libera stampa, si aggiungono due procedimenti penali contro Eni e i suoi vertici promossi dalla magistratura italiana, per corruzione internazionale in Nigeria e in Congo. Una terza inchiesta della Procura di Milano ipotizza un “complotto” per “intralciare lo svolgimento dei processi in corso a Milano contro Eni e i suoi dirigenti” e “per screditare i consiglieri indipendenti di Eni spa, Luigi Zingales e Karina Litvack”.
Litvack, la terza signora di questa giornata, che siede in cda in rappresentanza di fondi internazionali, scompare misteriosamente dalla sala dopo un intervento di Marcegaglia che la cita e smentisce una sua testimonianza sotto giuramento davanti al Tribunale di Milano. Quanto all’inchiesta sul “complotto” – dice Marcegaglia – “Eni si è dichiarata parte offesa”. Eppure a capo del “complotto” c’è – secondo la Procura milanese – un manager Eni di primo piano, l’ex responsabile degli affari legali Massimo Mantovani.
Sono poi in corso due procedimenti promossi dal governo nigeriano, che ha emesso un mandato internazionale d’arresto per il dirigente Eni Roberto Casula, oltre che per gli ex ministri del petrolio e della giustizia del Paese africano; e ha chiesto a Eni e Shell, davanti all’Alta corte di giustizia di Londra, i danni per la corruzione che ritiene di aver subìto a proposito del grande campo petrolifero denominato Opl 245. Acquisito dalle due compagnie nel 2011 con un versamento di 1,3 miliardi di dollari, che però non sono andati al governo nigeriano ma sono finiti a politici africani, mediatori italiani e internazionali, con un “ritorno” (nelle ipotesi d’accusa) a manager Eni. Ora il governo della Nigeria chiede che il mega-giacimento gli sia pagato, ipotizza che il suo vero valore sia di almeno 3,5 miliardi di dollari e sonda la possibilità di revocare la concessione.
Niente di tutto ciò è filtrato nell’assemblea Eni. Descalzi, nella sua relazione, ha detto che in Medio Oriente e nel Golfo la società ha ottenuto dieci permessi di esplorazioni. Poi ha illustrato la svolta verde della compagnia, con investimenti di 80 milioni di euro per trasformare il Centro Olio Val D’Agri, in Basilicata, in una specie di Mulino Bianco dell’energia. Non ha detto nulla dei business di sua moglie con Eni. Non ha detto dove sono finiti – desaparecidos? – due degli indagati nelle inchieste milanesi. Un portavoce Eni fa sapere che Roberto Casula “non ricopre incarichi operativi in Eni spa e società operative affiliate e si occupa di iniziative e attività di innovazione”. E Massimo Mantovani “ha assunto un incarico in una società di Eni che opera a livello internazionale in ambito Oil&Gas con base a Londra e si occuperà di alcune iniziative legate alla transizione energetica”.