Salva-Milano/3: ora provano con la “giustizia riparativa”

Primo incontro in Procura a Milano, ieri, tra il procuratore Marcello Viola, la procuratrice aggiunta che coordina le inchieste sull’urbanistica, Tiziana Siciliano, e il capo dell’avvocatura del Comune, Antonello Mandarano. L’incontro è avvenuto su richiesta dell’amministrazione guidata dal sindaco Giuseppe Sala, alla ricerca di una via d’uscita per le inchieste penali (almeno una ventina) aperte a Milano sulle costruzioni in città.
Tramontata la Salva-Milano (cioè la legge voluta da Sala, presentata dalla destra in Parlamento, votata anche dal Pd alla Camera ma poi spiaggiata in Senato) è caduta la speranza di bloccare le indagini giudiziarie grazie all’approvazione di un provvedimento parlamentare preteso come “legge d’interpretazione autentica” che rendesse le procedure urbanistiche seguite a Milano legge per tutta Italia.
Ecco allora il cambio di strategia. Mentre la riforma della Corte dei conti cerca di mettere in sicurezza i dirigenti comunali che hanno firmato gli atti urbanistici considerati fuori legge dalla Procura, ora la nuova via d’uscita viene cercata nel dialogo con i magistrati che stanno indagando: il tentativo è quello di ridurre al minimo i danni, ricorrendo alla “giustizia riparativa”, un percorso giudiziario usato prevalentemente per i reati commessi dai minori e che punta a “riparare” più che punire.
L’incontro di ieri è stato interlocutorio. Viola e Siciliano hanno ascoltato le richieste e le proposte di Mandarano, rimandando a prossimi incontri gli approfondimenti e gli sviluppi, se saranno trovate strade percorribili entro i confini stabiliti dai codici. Le soluzioni dovranno essere trovate “caso per caso”, con uno sforzo giuridico anche “creativo”, perché l’applicazione dell’istituto della giustizia riparativa in procedimenti come quelli aperti a Milano, dove sono coinvolti dirigenti comunali, progettisti e costruttori, sarebbe “un unicum” a livello nazionale.
La strada percorribile potrebbe essere quella dell’ammissione delle illegittimità commesse dal Comune e dagli operatori, con la disponibilità a versare, da parte dei costruttori, gli oneri finora non versati. Questo non bloccherebbe i procedimenti giudiziari, che devono andare comunque avanti, ma potrebbero trovare una soluzione con la concessione da parte dei giudici di attenuanti per aver già “riparato” i danni provocati alle casse comunali e ai cittadini (per esempio, per averli privati di servizi, “aree a standard”, verde, parcheggi, scuole. Ma anche per aver tolto aria, vista e luce agli abitanti che si sono visti crescere nel loro cortile un grattacielo tirato su con una autocertificazione, la prodigiosa Scia).
La speranza del Comune è di poter convincere i pm a chiedere al giudice l’archiviazione per “particolare tenuità del fatto”: l’illecito c’è stato, ma potrebbe non essere perseguito perché i danni sono stati “riparati”. Strada difficile da percorrere. Perché è necessaria l’ammissione degli illeciti. Perché alcuni dei reati contestati non sono “riparabili”: la corruzione, la concussione, il traffico d’influenze illecite. E perché i costruttori finora sostengono di aver fatto (e versato) quello che i dirigenti di Palazzo Marino avevano detto loro di fare (e versare). Il seguito alle prossime puntate.