MILANO

A Milano la giustizia riparativa diventa giustizia pasticciativa

A Milano la giustizia riparativa diventa giustizia pasticciativa

Qualcuno a Palazzo Marino deve aver visto troppi film americani e troppe serie Netflix, quelle in cui i prosecutor si accordano con gli imputati. In Italia non si può fare. Per i pm sarebbe un reato. A Milano, invece, il sindaco Giuseppe Sala promuove incontri in Procura per “trovare una soluzione” (visto che la Salva-Milano/1 è saltata). Ha mandato ieri, 3 aprile 2025, il capo dell’Avvocatura comunale, Antonello Mandarano, a incontrare il procuratore Marcello Viola e l’aggiunta Tiziana Siciliano, alla guida del pool che indaga sui reati urbanistici in città.

Intanto Sala ha già quasi trovato un accordo con i costruttori (tra cui Nexity, Bluestone e Greenstone): questi faranno una fidejussione bancaria, a garanzia degli eventuali maggiori oneri comunali che dovessero essere accertati come dovuti alla conclusione dei procedimenti giudiziari. A condanne irrorate, le banche garantirebbero i pagamenti. È una garanzia per il Comune, affinché possa incassare in futuro ciò che colpevolmente non ha chiesto in passato.

Ma non spiega perché il Comune non li ha pretesi al momento giusto, quei benedetti oneri, soldi dovuti ai cittadini per nuovi servizi, e invece “dimenticati” facendo passare per “ristrutturazioni” le costruzioni di grattacieli, chiedendo una Scia (cioè un’autocertificazione) invece di un piano attuativo, e monetizzando le aree a standard a prezzi di saldo.

È un segno che Sala si sta incamminando sulla strada della giustizia “pasticciativa”, non “riparativa”. Questa riguarda le persone, e nelle vicende milanesi sono invece coinvolti il Comune e le società di costruzione. E non può in alcun caso dimenticare i diritti dei cittadini che sono stati danneggiati dai reati commessi. La giustizia “riparativa”, quella vera, pretenderebbe comunque tutto un altro percorso.

Primo, l’ammissione degli illeciti: il Comune deve ammettere di aver sbagliato ad autorizzare edificazioni con titoli fuori legge, a confondere sostituzioni edilizie con ristrutturazioni edilizie, a lasciar costruire nei cortili, a pretendere oneri d’urbanizzazione scontati del 40% e monetizzazioni ridicole (facendo perdere alle casse pubbliche, dunque ai cittadini milanesi, almeno un miliardo e mezzo di euro).

Secondo, è necessario il ritorno alle regole, cioè ai piani attuativi che calcolino i nuovi servizi per i cittadini.

Terzo, ci vuole il pagamento da parte dei costruttori degli oneri dovuti: subito, non alla fine di un lungo iter giudiziario.

Con questi tre passaggi, forse qualcosa si potrebbe sanare. Non tutto. Non i falsi in atto pubblico, non i traffici d’influenza illeciti, non le corruzioni, non le concussioni. Non gli abusi edilizi totali, come le costruzioni nei cortili, che per legge andrebbero abbattute. Per evitarlo, e per salvare gli incolpevoli acquirenti, si potrebbe procedere – perché no – alla confisca: il Comune ha tanto bisogno di case popolari da assegnare.

Chi ha comprato è già garantito nella sua proprietà, anche dagli stessi giudici già intervenuti (per esempio sulle Park Towers). Dovranno però essere risarciti anche i proprietari delle case a cui sono stati tolti luce e vista dai grattacieli costruiti davanti alle loro finestre. La giustizia riparativa non potrà essere la nuova “moratoria” giudiziaria, come quella gentilmente concessa durante Expo per “sensibilità istituzionale” (almeno secondo quanto dichiarato da Matteo Renzi).

Intanto si sappia che a Roma sono già al lavoro per la Salva-Milano/2. Quella contabile. Per salvare i dirigenti del Comune di Milano che in seguito alle inchieste della Procura saranno accusati di danno erariale. Arriva un salvacondotto totale per gli amministratori. E uno sconto del 70%, anche retroattivo, per chi dovesse essere comunque condannato per danno erariale. Anche questa Salva-Milano/2, come la prima, va fermata.

Il Fatto quotidiano, 4 aprile 2025
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