Consiglio comunale, applausi al capro espiatorio Bardelli e nostalgia per la Salva-Milano

Primo, mesto consiglio comunale a Milano, dopo la tempesta. Dopo che è arrivato il primo arresto per corruzione (per l’ex dirigente del Comune Giovanni Oggioni), il Pd vuole mostrare discontinuità, perché “l’aria è cambiata”: basta dunque con la Salva-Milano e via l’assessore Guido Bardelli (avvocato dei costruttori ed ex presidente della ciellina Compagnia delle Opere che, non ancora assessore, intercettato diceva a Oggioni di voler fare cadere la giunta Sala perché il titolare dell’urbanistica, Giancarlo Tancredi, voleva fare “il piano regolatore Petruzzella”, cioè dettato dalla pm della Procura).
Momento di crisi confusa. La destra difende la Salva-Milano e chiede le dimissioni del sindaco, che pure è stato il primo a pretendere la Salva-Milano (l’ha difesa fino all’attimo del primo arresto) e che ha chiamato in giunta Bardelli proprio perché perfezionasse il super-condono che poteva evitargli di dichiarare di avere sbagliato. Il Pd contrattacca difendendo il sindaco e replicando alla destra che gli intercettati lavoravano alla Salva-Milano discutendo però con parlamentari della destra (Tommaso Foti di Fratelli d’Italia, Maurizio Lupi di Noi moderati e Alessandro Morelli della Lega).
Difficile districarsi in questa matassa politica collusiva che sembra tanto una commedia degli equivoci. Giuseppe Sala proclama che l’abbandono della Salva-Milano è “un atto dovuto” ma “non è una resa” e continua a difendere il Rito ambrosiano che la Procura reputa fuori legge. Molti consiglieri dem intervengono mostrando nostalgia per la Salva-Milano (che avevano votato con entusiasmo anche in Consiglio), mentre chiedono che sia ritirata (“perché sono cambiate le condizioni”).
E accettano le dimissioni di Bardelli (“per motivi d’opportunità”), mentre non cessano d’incensarlo per il suo meraviglioso piano casa, per la sua competenza, per la sua modestia, per la sua gentilezza, per il suo buon carattere. Un capro espiatorio messo alla porta con le lacrime agli occhi. Con tanto di abbraccio finale tra Bardelli e Tancredi (quello accusato di volere il “piano Petruzzella”).
Bardelli bye bye. Ma bisogna pur dimostrare “che l’aria è cambiata”. Anche la Salva-Milano non va più sostenuta, ma qualche consigliere dem ripete che era cosa buona e giusta e comunque adesso qualcosa bisognerà pur fare per “rendere chiare le leggi” (chiarissime: i grattacieli come ristrutturazione sono abusi edilizi che solo il Rito ambrosiano rende possibili).
“Non faremo sconti a nessuno”, dice una consigliera dem: li hanno già fatti finora ai costruttori, in effetti – e del 40 per cento – negli oneri d’urbanizzazione, facendo perdere centinaia di milioni alle casse comunali, cioè ai cittadini: che presenti nel settore del pubblico, guardati a vista dalla polizia municipale (più difficile da vedere per le strade), rumoreggiavano, fischiavano, sottolineavano con urla e buuuuu i passaggi più surreali di molti degli interventi. In aula si guardava più la patologia (la corruzione imputata a qualche dirigente comunale) che il sistema (un Modello Milano che attira soldi ma crea disuguaglianze).
Fuori dal coro (pur con mille cautele) i consiglieri Pd Alessandro Giungi e Rosario Pantaleo. Più netto Roberto Fedrighini, ex lista Sala. Chiaro il verde Carlo Monguzzi: “Ci avete detto che era indispensabile e urgente, è bastata qualche mela marcia per buttarla a mare, come se una legge dipendesse da una persona: è stata ritirata non per la mela marcia ma perché i senatori Pd non l’avrebbero mai votata. Ora il nuovo assessore sia un urbanista contrario alla Salva-Milano”.