FantaSanremo? No, FantaGoverno (con Amadeus premier)
La sinistra ha trovato a Sanremo i suoi nuovi leader? Quelli reali del Pd – il segretario in carica e i quattro in corsa – balbettano e fanno fatica a farsi ascoltare (e capire). Amadeus riesce invece a dire a un ministro e segretario di partito (Matteo Salvini): “Se non gli piace il festival, si guardi un film”. E Fedez straccia in diretta l’immagine di un viceministro, tale Galeazzo Bignami, quello che considera spiritoso indossare una divisa nazista. Risultato: il 62 per cento di share, che la sinistra se lo sogna alle elezioni.
Sul palco dell’Ariston, messaggi chiari e comprensibili, a volte banali, ma talvolta perfino emozionanti, come quello dell’attivista iraniana Pegah che spiega cosa sta succedendo nel suo Paese. La giornalista Francesca Fagnani dà voce ai ragazzi rinchiusi nelle carceri minorili. L’influencer Chiara Ferragni trasmigra dal nuovo (Instagram e Tiktok) al vecchio (la tv generalista) e parla di donne e violenza (con un testo che “sembra scritto da ChatGpt”, commentano su Twitter). La pallavolista Paola Egonu dice che l’Italia è razzista ma sta migliorando. Roberto Benigni ripete il suo nobile ma ormai stucchevole elogio della Costituzione.
Sanremo non è soltanto un festival di canzoni, ma – si dice – è lo specchio del Paese, la cartina di tornasole dell’Italia. Il dibattito è aperto: potrebbe anche essere soltanto uno spettacolo pop in cui un medium in declino, la tv generalista, frulla in nome della raccolta pubblicitaria canzoni belle e brutte insieme a tirate sociali sincere o banali. Ma se invece è davvero tornasole e specchio, allora dobbiamo guardarlo bene e vedere tutto ciò che rispecchia. Innanzitutto la reazione stizzita della destra, che ripete: “Fuori la politica da Sanremo”. Ricorda tanto il cartello fascista esposto nei locali pubblici durante il regime: “Qui non si parla di politica”. Quanto alla sinistra, non può certo illudersi di sostituire lo share ai risultati elettorali. Del resto, quasi mai i like si trasformano in voti.
Va bene che siamo nella società dello spettacolo, ma lo spettacolo resta un piano diverso dalla vita e il reality altro dalla realtà, anche quando dalla realtà cerca di succhiare ogni umore, ogni tendenza, ogni segnale, per farne content da trasformare in audience. Si può fare l’elogio della Costituzione, davanti al padre dell’unità della Nazione arrivato a Sanremo (ora manca solo Papa Francesco), ma non appare un po’ stonata la celebrazione dell’articolo 11 (“L’Italia ripudia la guerra… come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”) mentre infuria un conflitto fatto anche con armi italiane? Belle le affermazioni di libertà in freestyle, ma come non notare che sono fatte – per fortuna! – non a costo del carcere e della morte, come in Iran, ma dietro fattura allo sponsor Costa Crociere.
Non è Sanremo che “fa politica”: è lo spettacolo che si è mangiato la politica. Al FantaSanremo andrebbe aggiunto ora il FantaGovernodeiFiori, per stabilire chi fa il presidente del Consiglio (Amadeus), il sottosegretario alla presidenza del Consiglio (Lucio Presta), il ministro degli Esteri (l’artista Bruno Vespa, quello che tratta con Zelensky), il ministro dell’Interno e della sicurezza (Blanco), il ministro della Giustizia (Francesca Fagnani), il ministro dell’Istruzione (Roberto Benigni), la ministra della Famiglia con delega alle Pari opportunità (Chiara Ferragni), il ministro delle Politiche sociali e della coesione sociale (Gianni Morandi).
Insomma, non prendiamoci troppo sul serio e non prendiamolo troppo sul serio: Sanremo è divertente e serve a scatenare ottimi dibattiti politici e sociali, a patto che lo si prenda con ironia e non lo si sostituisca al mondo (della politica, della cultura, della vita) che comunque fa di tutto per non essere meglio di Sanremo.
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