La candidatura Cinquestelle a Milano è una resa a Giuseppe Sala
Meno male che la noiosa campagna elettorale milanese viene allietata ogni tanto da qualche colpo di scena. Un paio ce li ha regalati il candidato del centrodestra, il pediatra di Licia Ronzulli Luca Bernardo, con le sue dichiarazioni che per lui fascismo e antifascismo pari sono e con l’ammissione di girare con la pistola anche in ospedale. Ora l’ultima scossa arriva dalla candidatura a sindaco di Layla Pavone per il Movimento 5 stelle.
Piazzata dal Fatto quotidiano, hanno scritto molti giornali. Noi del Fatto speravamo invece che rifiutasse l’offerta dei Cinquestelle – come ha spiegato il direttore Marco Travaglio – perché ci ha costretto a cercare una sua sostituta come consigliera indipendente dentro il nostro consiglio d’amministrazione, operazione non facile visto l’alto profilo etico e manageriale di Pavone, persona di indubbie capacità, anche se non nota a Milano per le sue battaglie civili.
Quello che lascia comunque perplessi della sua candidatura è l’operazione politica che l’ha generata e che assomiglia a una resa del Movimento 5 stelle a Giuseppe Sala. Qualcuno dentro il movimento aveva proposto un ingresso nella sua coalizione fin dal primo turno. È stato Sala a rifiutarlo, anche per le proteste di altri suoi alleati, tra cui i renziani, i calendiani, i boniniani, i dem eredi dei miglioristi. Ecco allora il piano B: i Cinquestelle da soli al primo turno, con apparentamento al ballottaggio. Con possibile assessorato (alla digitalizzazione) a Layla Pavone nella futura giunta, se Sala vincerà il probabile ballottaggio con il pediatra con la pistola.
Sala ha dimostrato una grande abilità tattica, stringendo alleanze onnivore ed ecumeniche, sommando forze che in algebra si annullerebbero tra loro e azzerando, quasi del tutto, prima l’opposizione dei Verdi, ora quella dei Cinquestelle. Ha aderito ai Verdi europei, spaccando gli ambientalisti milanesi che in parte lo sostengono già al primo turno. Greenwashing, replicano i verdi rimasti a fare l’opposizione alle scelte di Sala e che appoggeranno invece la candidatura davvero alternativa alle sue politiche urbanistiche, quella dell’architetto Gabriele Mariani, sostenuto da Milano in Comune (in cui ha militato lo storico consigliere Basilio Rizzo) e da Civica AmbientaLista.
I Verdi per Sala e il Movimento 5 stelle spiegano le loro scelte con l’intenzione di “condizionare Sala”. Vedremo se ne avranno la forza elettorale e il coraggio politico, o se, in cambio di un paio d’assessorati minori, si ridurranno a mosche cocchiere che sperano di guidare un elefante. Sala è per Milano quello che Roberto Cingolani (il ministro della Transizione ecologica) è per il governo Draghi: molto verde a parole, tanti affari e tanto cemento nei fatti.
Ci sono alcune questioni su cui Sala dovrebbe dimostrare una svolta verde che francamente non vediamo. Il caso San Siro: accetterà o no il piano di Milan e Inter che vogliono abbattere lo stadio Meazza, per edificare (su terreni del Comune) un nuovo stadio ma soprattutto quasi 50 mila metri quadrati di uffici, alberghi, centri commerciali; un’operazione immobiliare da 1,2 miliardi di euro, con indice di edificabilità 0,51 (invece dello 0,35 che sarebbe imposto dal Piano del governo del territorio). L’operazione Scali ferroviari: altro diluvio di cemento (tra cui un villaggio olimpico) sulle ultime aree cittadine non ancora costruite. Il Piano Aria e clima del Comune di Milano: prevede per la città una riduzione delle emissioni che alterano il clima perfino inferiori ai parametri europei. Cosa cambierà Sala, per ottenere il sostegno di Verdi e Cinquestelle?