Marco Morin, l’esperto di bombe amico dei bombaroli
Fossimo in America, gli avrebbero dedicato un film. Marco Morin, super-esperto di armi ed esplosivi, è morto a 82 anni, nella sua casa di Campo San Polo a Venezia, portando per sempre nella tomba i suoi segreti. Era davvero un personaggio cinematografico, capace di giocare più ruoli in partita, nello stesso tempo esperto di bombe e amico dei bombaroli, consulente dei tribunali e complice degli imputati.
Gli piacevano i ruoli doppi. Aveva il gusto dell’intrigo e l’animo del falsario. Ingarbugliare le carte, millantare rapporti inesistenti, inventare particolari improbabili, aggiungere, anche senza motivo, elementi incredibili a storie vere, per lui era come respirare. Si vantava di lauree, una in storia, un’altra in geofisica, mai conseguite. Si spacciava per membro dell’autorevole “Società britannica di scienze criminali”: peccato che non sia mai esistita.
Eppure quest’uomo è stato per decenni consulente balistico dei Tribunali o perito legale di parte nei processi su alcuni dei più delicati casi giudiziari della storia italiana, dall’omicidio del commissario Luigi Calabresi a quello di Aldo Moro, dall’assassinio del presidente della Regione siciliana Piersanti Mattarella a quello del prefetto Carlo Alberto dalla Chiesa, e poi il maxiprocesso di Palermo, il caso del mostro di Firenze, la strage di Peteano.
Nel 1967, a 29 anni, era sottotenente di complemento dell’Aeronautica militare in servizio all’aeroporto di Treviso: gli trovano in casa sette pistole, munizioni, una bomba a mano e pezzi di armi da guerra. Viene processato e condannato. Eppure qualche anno dopo diventa grande amico dei giudici veneziani e il più richiesto dei periti balistici giudiziari. Tanto che nel 1982 lo chiamano a esaminare le armi trovate a due personaggi di Ordine nuovo appena arrestati, Carlo Digilio e Carlo Maria Maggi.
Stila una memoria che vale la scarcerazione immediata di Digilio (che molti anni dopo ammetterà la sua partecipazione alla strage di piazza Fontana). E una perizia giudiziaria in cui sostiene che un caricatore per fucile mitragliatore trovato durante una perquisizione a Maggi non è “parte essenziale di arma da guerra”, ma solo un “accessorio”: quanto basta a far concedere la libertà provvisoria a Maggi (che decenni dopo sarà condannato per la strage di Brescia).
Aveva una concezione molto creativa del suo ruolo di perito, tanto da far sparire, negli anni Ottanta, i campioni di esplosivi e munizioni su cui stava lavorando, provenienti dall’arsenale sequestrato al comandante militare di Ordine nuovo Pierluigi Concutelli. A smascherarlo, dopo molti anni, è il giudice di Venezia Felice Casson, impegnato nelle indagini sulla strage di Peteano. Lo accusa di aver coperto i suoi amici di Ordine nuovo.
E nel 1987 gli sequestra alcune registrazioni, appunti a voce su perizie in corso, scoprendo sul lato B di una microcassetta una frase registrata con tono cavernoso: “Qui parla Ludwig, sarai la prossima vittima”. Ludwig è la sigla con cui vengono firmati tra il 1977 e il 1984 numerosi omicidi nell’Italia del Nordest, in Germania e nei Paesi Bassi. La sua registrazione, giura Morin, era solo uno scherzo preparato per una collega. Peccato che la collega lo smentisca: mai stata vittima di scherzi così idioti.
Morin era stato il perito sull’esplosivo della strage di Peteano: lo aveva classificato come Semtex H di fabbricazione cecoslovacca, esplosivo “di sinistra”, usato dalle Br e dai terroristi palestinesi. Casson ordina una nuova perizia, svolta da altri esperti, e scopre che il rocchetto con tracce di Semtex ospita da lungo tempo una larva di lepidottero. È la prova che non può essere il rocchetto originale: Morin l’aveva sostituito e vi aveva inserito l’esplosivo “rosso”.
Chi è davvero Morin? Casson lo chiede ripetutamente, dal 1987 al 1991, al Sismi, che non gli risponde, tanto che il giudice decide di incriminare il capo del servizio Fulvio Martini e il suo braccio destro, il generale Paolo Inzerilli. Intanto tutti i documenti che riguardano Morin spariscono nel nulla: dagli archivi dell’Aeronautica militare, dal Palazzo di giustizia di Verona, perfino dall’inaccessibile laboratorio scientifico di Scotland Yard, a Londra, dove si era svolta la perizia (menzognera) di Morin sull’esplosivo di Peteano.
Così Casson non si stupisce, quando trova il nome di Morin negli elenchi di Gladio. Eppure il superconsulente continuerà per anni ad avere le chiavi, riservatissime, del Centro indagini della Procura di Venezia e a essere il consulente più ascoltato dai magistrati, e non soltanto quelli veneziani.
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