Una nuova Mani pulite. Le inchieste sulla strage degli anziani
Due terzi delle case per anziani non comunicano il numero dei morti
Sulla strage dei nonni nelle Residenze sanitarie assistenziali (Rsa) sarà concluso a breve – ha detto il capo della Protezione civile Angelo Borrelli, nella conferenza stampa di ieri alle 18 – un nuovo studio dell’Istituto superiore di sanità. Nell’ultimo report dell’Iss, aggiornato al 15 aprile, i numeri erano impressionanti: su un campione di 1.082 Rsa in tutta Italia, i decessi registrati, dal 1 febbraio al 15 aprile, sono stati 6.773.
Nella sola Lombardia si sono contati 3.045 morti, di cui 1.625 per Covid (166 accertati con tampone e 1.459 con sintomi riconducibili). Ma – ed ecco la sorpresa – a rispondere all’Iss con i dati sui decessi sono state solo 266 strutture lombarde su 677 contattate e 678 censite: una su tre. Significa che i morti, dunque, potrebbero essere molti di più. Forse anche il triplo dei 1.625 rilevati dall’Iss.
“Dalle informazioni non ufficiali che abbiamo raccolto”, scrive in una nota Alessandro Azzoni, portavoce del comitato Giustizia per le vittime del Trivulzio. “sono circa 200 gli anziani al Pio Albergo Trivulzio di Milano deceduti da inizio marzo, su 1.000 degenti: 1 ogni 5. E sono circa 200 sono quelli positivi al coronavirus. Il personale è fortemente sotto organico, quasi 300 operatori sono a casa in malattia. Bisogna intervenire subito per salvare le vite dei nostri genitori e nonni. È in gioco la vita di persone fragili e indifese. E il tempo per salvare i nostri cari è ormai scaduto. C’è un silenzio assordante da parte delle istituzioni, a partire dalla Regione, responsabile della gestione sanitaria”.
Azzoni sarà uno dei testimoni che saranno ascoltati dal pool di magistrati che sta indagando sulle Rsa milanesi. Da ieri, infatti, i magistrati della Procura di Milano, coordinati dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano, hanno cominciato a raccogliere le testimonianze degli operatori. “Ci minacciavano se indossavamo le mascherine, perché non dovevamo spaventare i pazienti”, raccontano alcuni infermieri.
E ancora. “Stanno continuando a spostare i pazienti da un reparto all’altro, senza aver fatto nemmeno i tamponi”: così racconta un’operatrice sociosanitaria che “da 31 anni” lavora al Trivulzio. “I trasferimenti li fanno la sera di nascosto. Gli anziani continuano a morire, la situazione non è migliorata”.
Un’altra operatrice, attiva al Trivulzio “da 16 anni”, aggiunge: “I reparti sono sguarniti di personale, perché più di 200 dipendenti, tra operatori e infermieri, sono a casa in malattia o in quarantena e due colleghi sono in terapia intensiva”. Da marzo a oggi, racconta, “ci sono stati più di 200 decessi. I tamponi e finalmente le mascherine Ffpp2 per tutti sono arrivati solo dal 16 aprile. Qualche giorno fa hanno spostato in altri reparti i pazienti del Pringè”, il pronto intervento geriatrico per degenti provenienti da altri ospedali. “Non si può mettere la testa sotto la sabbia”, racconta la donna, che è in quarantena e che solo ieri ha potuto fare il tampone. “I nostri colleghi dentro il Trivulzio sono distrutti psicologicamente”.
L’inchiesta sulla strage di anziani ha come primo indagato Giuseppe Calicchio, direttore generale del Pio Albergo Trivulzio, ipotesi di reato epidemia e omicidio colposi. Oltre alla Baggina, sono almeno una dozzina le residenze per anziani su cui i pm stanno cercando di fare chiarezza. Ieri i carabinieri del Nas, il Nucleo antisofisticazione e sanità di Milano, hanno ispezionato l’Istituto Frisia di Merate, in provincia di Lecco, una residenza che fa capo al Trivulzio. Hanno raccolto documenti anche da altre strutture per anziani nelle province di Milano, Monza, Como e Varese.
Alcuni dipendenti raccontano che già da gennaio furono ricoverati nel reparto di degenza geriatrica del Trivulzio pazienti con polmoniti. Potrebbe essere stato il primo avvio del contagio, non rilevato e poi dilagato dentro il Trivulzio e in tante altre Rsa, dopo l’arrivo di pazienti Covid dimessi da altri ospedali perché non più in fase acuta. Quegli arrivi erano la conseguenza delle delibere regionale dell’8 e del 23 marzo che si proponevano di “alleggerire” gli ospedali lombardi. L’assessore Giulio Gallera ripete però da giorni in tv che la Regione non ha mandato alcun paziente Covid al Trivulzio. E che non ci sarebbero stati trasferimenti verso Rsa con reparti già contaminati dal virus. (21 aprile 2020)
Le indagini sulla strage dei vecchi
di Gianni Barbacetto e Natascia Ronchetti /
La Guardia di finanza in Regione Lombardia. Per acquisire i documenti che ricostruiscono i rapporti tra la Regione e gli istituti dove nelle settimane scorse è avvenuta la strage degli anziani: Pio Albergo Trivulzio in testa. Ma anche per comprendere, più in generale, tutta la gestione dell’emergenza Covid-19, almeno dal 20 febbraio. Ieri mattina una squadretta del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf di Milano si è presentata, su appuntamento, negli uffici dell’avvocatura regionale.
Non una perquisizione, formalmente, ma un’acquisizione di tutte quelle carte – così tante che è stato fissato un secondo appuntamento stamattina – necessarie ai pm Mauro Clerici e Francesco De Tommasi, coordinati dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano, per capire com’è stata gestita dalla Regione la pandemia. I pm vogliono sapere che cosa la Regione ha richiesto alle Rsa, ma anche alle Ats, le Agenzie di tutela della salute sul territorio, dopo il 20 febbraio, allo scoppio del caso Codogno.
Il punto di partenza è la delibera con la quale l’8 marzo il presidente Attilio Fontana e la sua giunta hanno dato il via libera al ricovero di pazienti Covid a bassa intensità (quelli cioè che hanno superato la fase acuta della malattia) in strutture extra-ospedaliere, tra cui le Rsa. Via libera condizionato, come ha sempre sottolineato Il Fatto, alla presenza di alcune caratteristiche, a partire dall’autonomia dal punto di vista strutturale e organizzativo, con padiglioni o aree separate.
Quando scoppia la polemica, l’assessore Giulio Gallera precisa che l’accoglienza dei malati da parte delle Rsa è su base volontaria. E subito viene smentito, proprio da una delle strutture coinvolte. È la Fondazione Benefattori Cremaschi di Crema, che dispone di una casa di riposo con 220 posti e di un centro di riabilitazione con 136 posti. “Abbiamo accolto 20 pazienti Covid provenienti dagli ospedali. Non si poteva scegliere, la delibera lo impone a tutte le strutture con determinate caratteristiche”, dice Gian Paolo Foina, direttore generale. Non si è trattato dunque di una facoltà ma di un ordine.
Ed ecco la delibera del 23 marzo. Stabilisce, “per il periodo di emergenza”, l’istituzione di un supporto di cure palliative, sia in ambito domiciliare “per pazienti Covid complessi, cronici e fragili”, sia attraverso consulenze. Ma i ricoveri sono in realtà già scattati per alleggerire gli ospedali pubblici. Si arriva al 30 marzo, con un’altra delibera: la Regione dà indicazioni alle Rsa su come gestire i pazienti Covid. A quella data nelle case di riposo lombarde non sono ancora stati eseguiti tamponi sugli anziani degenti, nonostante si contino già centinaia di decessi: circa 600 solo nel Bergamasco.
Proprio qui, solo da ieri l’Ats locale ha chiesto ai vertici delle Rsa di inviare l’elenco nominativo degli ospiti con sintomi Covid, per sottoporli ai tamponi. “E solo da venerdì scorso hanno iniziato a fare radiografie”, dice Augusto Baruffi, presidente della Fondazione Anni Sereni di Treviglio (Bg), a cui fa capo una casa di riposo con 145 posti letto. “Abbiamo avuto 34 decessi. Solo ora l’azienda sanitaria ci ha garantito venti tamponi, e scaglionati nel tempo”.
Secondo Gallera il trasferimento dei pazienti Covid nelle Rsa a seguito delle delibere della Regione non ha provocato “contaminazioni”. È un fatto però che nelle case di riposo lombarde il 70 per cento dei circa 2 mila decessi, come risulta da uno studio dell’Iss, sia avvenuto proprio nel mese di marzo. Il Fatto chiede inutilmente alla Regione da più di tre settimane i dati precisi sui pazienti Covid trasferiti nelle case di riposo (e negli hospice).
Per stessa ammissione della Regione, il 27 marzo erano circa il 30 per cento del totale dei dimessi “clinicamente guariti”, cioè senza più sintomi, in fase di negativizzazione, ma ancora potenzialmente contagiosi. Vale a dire – a quella data – qualcosa come 2.400 persone. L’assessore Gallera ha poi ridimensionato drasticamente: solo 147, trasferiti in 15 strutture, tra cui anche il Trivulzio.
La Procura nei giorni scorsi ha iscritto nel registro degli indagati il direttore generale del Trivulzio Giuseppe Calicchio: ipotesi di reato epidemia colposa e omicidio colposo plurimo. Indagini avviate anche su almeno una dozzina di altre strutture.
La grande mole di documenti acquisita sarà analizzata nelle prossime settimane e incrociata con le carte raccolte dai carabinieri dei Nas in oltre 600 Rsa su tutto il territorio nazionale. Ma le carte richieste dimostrano che i pm non si fermeranno alla strage degli anziani. (16 aprile 2020)
I soldi della Regione per far accogliere pazienti Covid nelle residenze per anziani
di Gianni Barbacetto e Natascia Ronchetti /
C’è chi comincia a temere che, indagine dopo indagine, decolli una nuova Mani pulite. Si moltiplicano le inchieste sull’epidemia da Covid-19. A Milano, ma anche a Bergamo, Lodi, Como, Lecco, Varese, Monza, Cremona, Sondrio. La polizia giudiziaria anche ieri ha visitato alcune Residenze sanitarie assistenziali (Rsa) lombarde, sequestrando e acquisendo documenti, cartelle cliniche e materiale informatico che saranno analizzati nei prossimi giorni.
A Milano, gli investigatori della Guardia di finanza si sono presentati al Pio Albergo Trivulzio, 28 anni dopo il blitz dei carabinieri che diede il via a Mani pulite, per acquisire documenti, tra cui anche le direttive e le comunicazioni inviate dalla Regione Lombardia alle Rsa sulla gestione degli ospiti anziani. Nei giorni scorsi i carabinieri del Nas di Brescia avevano eseguito perquisizioni in una quindicina di case di riposo bergamasche, mentre il Nas di Milano è entrato ieri in quelle milanesi, ma anche in strutture per anziani delle province di Como, Varese e Monza. Inchieste sono state aperte anche in Piemonte, a Cuneo, e in Abruzzo, a Sulmona.
La Procura di Milano ha iscritto nel registro degli indagati i responsabili di una dozzina di residenze, tra cui i centri anziani di Affori, Corvetto e Lambrate. Nei giorni precedenti erano già stati iscritti il direttore generale del Trivulzio, Giuseppe Calicchio, i responsabili dell’istituto Palazzolo-Don Gnocchi e quelli della Sacra Famiglia di Cesano Boscone. Le ipotesi di reato vanno dall’epidemia colposa all’omicidio colposo.
È la Procura di Lodi a indagare, sempre per epidemia colposa e omicidio colposo, sulla Rsa di Mediglia, la prima residenza per anziani in cui è stato segnalato un aumento impressionante di decessi tra gli ospiti, con 60 morti.
Dall’inizio dell’emergenza virus nelle strutture assistenziali lombarde sono morti 2 mila anziani, 600 circa in provincia di Bergamo, oltre 300 a Milano, 150 nel solo Pio Albergo Trivulzio. Numeri drammatici. Secondo alcune testimonianze di parenti e di infermieri, è stata sottovalutata la necessità di proteggere ospiti e personale sanitario, non sono stati approfonditi decessi per polmonite che potevano essere causati da Covid-19, non sono stati isolati i pazienti che avevano sintomi da coronavirus e sono stati lasciati senza tampone.
La situazione sarebbe precipitata dopo la decisione della Regione di spedire nelle Rsa i pazienti Covid-19 non gravi, per alleggerire l’affollamento degli ospedali lombardi. Un cerino acceso gettato nel pagliaio. La Guardia di finanza ha acquisito documenti sulla gestione organizzativa del Trivulzio e su come ha recepito le direttive della Regione, quando ha accolto una ventina di pazienti Covid dimessi dagli ospedali.
Delle 700 case per anziani lombarde, sono 15 quelle che hanno accolto la richiesta della Regione di accettare pazienti Covid dagli ospedali, nel pieno dell’emergenza virus. Di queste, sette sono nella provincia di Bergamo. Hanno accolto in totale 147 persone. Questi almeno sono i numeri dichiarati dalla Regione Lombardia, che però in marzo aveva invece ammesso che circa il 30 per cento dei dimessi erano stati convogliati in Rsa e hospice, per liberare posti letto negli ospedali. Effetto delle delibere approvate dalla Regione a partire dall’8 marzo.
I trasferimenti non sono stati gratis, ma hanno significato entrate extra per le Rsa. “Sono previsti 150 euro al giorno, per paziente, di rimborso da parte della Regione”, spiega Luca Degani, presidente regionale di Uneba, l’associazione delle case di riposo a cui aderiscono 400 delle 700 strutture attive in Lombardia. Le degenze ordinarie degli anziani hanno un contributo pubblico che varia da un minimo di 29 a un massimo di 49 euro a seconda delle patologie. Chi ha accolto i dimessi Covid ha dunque incassato da 100 a 120 euro al giorno per paziente in più. (15 aprile 2020)
Le indagini sulla strage di anziani
Aumentano gli indagati e i fascicoli aperti sulla gestione delle Residenze sanitarie assistenziali (Rsa) in Lombardia e sui troppi morti in queste strutture nelle ultime settimane: si avvicinano ormai al numero record di 2 mila gli anziani deceduti dall’inizio della pandemia da Covid-19.
Indagati tre dirigenti dell’Istituto Don Gnocchi, oltre al direttore generale del Pio Albergo Trivulzio, Giuseppe Calicchio. Reati ipotizzati: epidemia colposa e omicidio colposo. Sotto osservazione le mancate precauzioni sanitarie, ma anche l’arrivo in alcune Rsa dei pazienti Covid mandati dalla Regione per alleggerire gli ospedali.
Al Trivulzio sono morte in un mese e mezzo, dall’inizio della pandemia, circa 150 persone. Molte testimonianze di famigliari raccontano di ospiti, ma anche di operatori sanitari, non sufficientemente protetti contro il virus. Ora i pm Mauro Clerici e Francesco De Tommasi, coordinati dall’aggiunto Tiziana Siciliano e dal procuratore Francesco Greco, stanno raccogliendo elementi per verificare le responsabilità nella gestione degli ospiti e le carenze che potrebbero aver contribuito ad alimentare il contagio al Trivulzio: dall’assenza di tamponi e mascherine, alle minacce che qualche infermiere denuncia di aver ricevuto perché le utilizzava; dalla non separazione tra ospiti della Baggina e pazienti arrivati dagli ospedali, fino a eventuali omissioni nelle cartelle cliniche e nelle cure fornite.
Sotto osservazione anche il ruolo della Regione nella predisposizione di linee guida e piani contro la pandemia. Il difensore di Calicchio, l’avvocato Vinicio Nardo, ha dichiarato che il suo assistito “è a disposizione per qualsiasi chiarimento”. Venerdì sera ha già spiegato in videoconferenza agli ispettori del ministero della Salute, affiancati dai carabinieri dei Nas, “di aver rispettato tutte le procedure, i protocolli interni e le direttive ministeriali e della Regione Lombardia”.
Gli ispettori hanno ascoltato anche un medico che lavora al Trivulzio, il professor Luigi Bergamaschini, che ha rivolto critiche ai vertici della struttura sulla gestione dei pazienti e sul mancato uso delle mascherine.
Altri fascicoli sono stati aperti sull’istituto Palazzolo-Don Gnocchi, sulle residenze per anziani del Comune di Milano al Corvetto, sulla “Anni azzurri” di Lambrate, sulla Sacra Famiglia di Cesano Boscone, sulla “Monsignor Bicchierai” dell’Istituto Auxologico italiano. Del Don Gnocchi sono indagati dalla pm Letizia Mocciaro – per diffusione colposa dell’epidemia e omicidio colposo – il direttore generale Antonio Dennis Troisi, il direttore sanitario Federica Tartarone e il direttore dei servizi medici Fabrizio Giunco. Indagato anche il presidente della Ampast, la cooperativa che raggruppa i lavoratori della struttura.
Sessanta i morti alla Rsa di Mediglia, la prima in cui è stato segnalato un aumento impressionante di decessi tra gli anziani. Anche su questo istituto è stata aperta un’inchiesta per epidemia colposa e omicidio colposo, dopo le denunce di alcuni familiari. Il fascicolo è stato trasmesso alla Procura di Lodi, competente per territorio. (14 aprile 2020)