La rete dell’Eni non riesce a prendere i pesci. O meglio: è selettiva. I controlli sono implacabili quando si tratta di far fuori due membri del consiglio d’amministrazione come Luigi Zingales e Karina Litvack. Sono assolutamente inefficienti quando si tratta di individuare corruzioni internazionali (in Nigeria e in Congo), conflitti d’interesse (affari dell’Eni con società della moglie dell’amministratore delegato), avvocati della compagnia petrolifera che poi finiscono in galera con accuse gravi. Quest’ultimo è il caso di Piero Amara, arrestato nel 2018 e accusato, fra l’altro, di essere uno dei manovratori del “complotto” per depistare le indagini della Procura di Milano sulle tangenti africane.
Un anno prima, nella primavera 2017, escono su di lui le prime notizie di stampa. Poi Luigi Ferrarella sul Corriere della sera dell’8 settembre 2017 allinea una serie di informazioni imbarazzanti su quello che viene definito il “legale esterno di Eni spa”. L’azienda avvia le verifiche di rito. Il 14 settembre si muove il Comitato controllo e rischi, che commissiona un audit interno. Il responsabile dell’Internal audit department, Marco Petracchini, si mette al lavoro il 18 settembre e in soli due mesi consegna alla presidente Emma Marcegaglia e all’amministratore delegato Claudio Descalzi un “documento riservato-uso interno”, dieci paginette piene di vuoto, che sostanzialmente assolvono Amara. Ecco il contenuto dell’audit, che il Fatto quotidiano ha potuto leggere.
Oggetto: “Approfondimenti sugli incarichi affidati da Eni al legale esterno avvocato Piero Amara, citato nell’articolo del Corriere della sera dell’8 settembre 2017”. Valutazione di sintesi: “Le verifiche effettuate, svolte in ragione di quanto riportato nel predetto articolo, hanno evidenziato un sostanziale rispetto delle normative Eni di riferimento in merito alle attività di assistenza legale assegnate all’avvocato Piero Amara”. Tutto a posto, insomma. Infatti Amara sarà arrestato pochi mesi dopo con l’accusa di aver fatto parte del “complotto” per far fuori Zingales e Litwack e intralciare le indagini della Procura di Milano, insieme all’allora responsabile dell’ufficio legale di Eni, Massimo Mantovani. Ma anche di essere stato il “regista” di una serie di episodi di corruzione per aggiustare sentenze davanti ai giudici amministrativi e al Consiglio di Stato. Per queste ultime accuse, Amara ha già patteggiato una pena di 3 anni di reclusione.
Eppure gli occhiuti auditors dell’Eni nulla vedono. Si limitano a registrare gli incarichi assegnati all’avvocato. “Dall’anno 2000 fino a settembre 2017, risultano registrati 81 fascicoli legali con parcelle pagate all’avvocato Piero Amara, per un valore complessivo di circa 13,5 milioni di euro. Di questi, circa 3 milioni di euro sono riferiti al periodo interessato dalle verifiche (gennaio 2014 – settembre 2017)”. Per il resto, le pagine dell’audit sono riempite da note di metodo, “modalità di esecuzione dell’intervento”, organigrammi aziendali e alcuni “rilievi”, “piani d’azione” e “raccomandazioni”.
Degne di rilievo le righe dedicate ai (pesanti, dal punto di vista reputazionale) precedenti giudiziari di Amara. “La vicenda processuale che ha previsto un patteggiamento con una pena sospesa di 11 mesi per accesso abusivo si è conclusa con una dichiarazione di estinzione del reato”. Poi, “per i procedimenti penali che vedevano coinvolto l’avvocato in concorso con diversi magistrati ai quali era stato contestato il reato di abuso d’ufficio, vi è stata un’assoluzione dalle accuse già nella fase dell’udienza preliminare”. Infine, “per ciò che concerne le accuse di falsa fatturazione, le indagini condotte dalla Procura di Roma, diversamente da quanto riportato dalla stampa, risulterebbero finalizzate a verificare se sussistano operazioni economiche reali a fronte di specifici flussi finanziari”, ma, “alla data della presente nota, nessun atto risulta essere stato notificato a Piero Amara”. Insomma: tutto bene. Dovranno arrivare i magistrati perché l’Eni interrompa i rapporti con l’avvocato. Anzi: non è Eni a rompere, è Amara nel febbraio 2018 a rinunciare agli incarichi.
La replica di Eni
In merito all’articolo «‘Tutto in regola’, così il colosso assolse l’uomo del complotto», ci preme precisare quanto segue.
Laddove, riferendosi a Eni, parla di controlli “inefficienti quando si tratta di individuare corruzioni internazionali (…), conflitti di interesse (…), avvocati della compagnia petrolifera che poi finiscono in galera”, il giornalista richiama: a) le vicende legate all’acquisizione del bloccoOpl245, rispetto alle quali vi è processo in corso e non vi è stata alcuna sentenza di condanna; b) quelle relative al Congo, sulle quali sono in corso indagini; c) l’arresto di Piero Amara, legato invece a vicende che niente hanno a che vedere con Eni. Teniamo poi a precisare quanto segue. 1-In relazione all’Opl245, al processo, è emerso che: a) Il consulente chiave del pm ha negato, confermando quanto già stabilito dal giudice della London Court, Gloster, che vi sia stata alcuna retrocessione di denaro a manager di Eni; b) Il pagamento di 1,1 miliardi di dollari ordinato e disposto dal governo nigeriano a Malabu per sanare i contenziosi sul blocco tra terze parti (rispetto a Eni) fu autorizzato dall’autorità inglese antiriciclaggio e anticorruzione; c) Diversi esperti citati da Eni nel processo hanno dimostrato che il prezzo corrisposto da Eni e Shell al governo nigeriano fu adeguato e i termini contrattuali conformi alle leggi vigenti in Nigeria; d) Sono cadute ad esito delle prove testimoniali le suggestioni instillate da Vincenzo Armanna che riportava presunte confidenze ricevute sulla percezione di retrocessioni da parte di manager di Eni.
In merito alle vicende congolesi, Eni ribadisce di avere operato in modo corretto. Per quanto riguarda le indagini in corso, Eni sta prestando collaborazione all’autorità giudiziaria e ha avviato verifiche interne affidate a soggetti terzi indipendenti. Queste verifiche non hanno rilevato evidenze di commissione di reati da parte di manager o dipendenti di Eni. In relazione ai rapporti con le società del gruppo Eni in Congo, Eni conferma che gli acquisti di beni e servizi completati presso tali società (e le corrispondenti procedure di approvvigionamento) sono state oggetto delle verifiche di cui sopra, affidate a consulenti terzi indipendenti. In relazione a presunti conflitti di interessi, già a marzo 2019 l’avvocato della signora Ingoba ha fornito ogni risposta. Eni ha appreso di essere indagata ex legge 231 in relazione e limitatamente ad alcune ipotesi ex art. 648ter del codice penale (identificate dalla autorità nel periodo temporale di maggio 2018) nel più ampio contesto d e ll ’inchiesta sul presunto “de p istaggio” che riguarda anche altre ipotesi di reato. La documentazione richiesta riguarda rapporti con un gruppo di società già oggetto di audit interno autonomamente avviato da tempo dalle funzioni aziendali competenti.
Eni specifica poi che, dai documenti ricevuti oggi, non risultano indagati altri manager della società diversi da quello già precedentemente coinvolto. La società continuerà a fornire attivamente la massima collaborazione all’autorità giudiziaria affinché possa essere fatta tempestiva chiarezza sulla vicenda, confermando la solidità ex efficacia del proprio modello organizzativo e di controllo. Eni ribadisce la ferma convinzione di essere la parte lesa in ogni prospettiva e prospettazione legata o comunque connessa alle ipotesi inerenti presunti complotti o presunti depistaggi delle attività investigative. Teniamo inoltre a precisare che Luigi Zingales e Karina Litvack non sono stati “fatti fuori”dalla società, come riportato nell’articolo. Luigi Zingales si è dimesso, come da lui stesso dichiarato nel comunicato stampa Eni del 3 luglio 2015, mentre Karina Litvack è tuttora membro del Consiglio di Amministrazione di Eni.
ERIKA MANDRAFFINO, SENIOR VICE PRESIDENT, GLOBAL MEDIA RELATIONS AND CRISIS COMMUNICATION, ENI SPA
Prendiamo atto che Eni dichiara di aver fatto, su tutte le vicende richiamate, tutti i controlli necessari, con i risultati raccontati nell’articolo del Fatto: tutto bene, sempre. Auguriamo alla compagnia di non essere smentita dai procedimenti giudiziari in corso. (Gb)