POLITICA

Il gioco delle tre carte. Confondere i piani, dall’antimafia a Genova

Il gioco delle tre carte. Confondere i piani, dall’antimafia a Genova Un fermo immagine tratto da un video della Polizia di Stato sul ponte crollato a Genova. ANSA/US POLIZIA DI STATO +++ ANSA PROVIDES ACCESS TO THIS HANDOUT PHOTO TO BE USED SOLELY TO ILLUSTRATE NEWS REPORTING OR COMMENTARY ON THE FACTS OR EVENTS DEPICTED IN THIS IMAGE; NO ARCHIVING; NO LICENSING +++

Il gioco delle tre carte riesce (cioè riesce la truffa a spese dei poveretti che ci cascano) quando si convince qualcuno che l’asso da individuare è al posto dove invece non c’è. Ci vuole abilità a scambiare le carte. Ebbene, la politica in queste settimane si sta impegnando proprio a scambiare le carte. A confondere i piani. A indicare l’asso di quadri nel posto sbagliato, dove invece c’è il due di picche. Due esempi. Uno locale: la nomina nell’antimafia di una avvocata che difende i mafiosi. E uno nazionale: i rapporti tra il governo e i concessionari delle autostrade.

Nel primo caso, l’avvocato milanese Maria Teresa Zampogna e i suoi sostenitori confondono il piano dei diritti costituzionalmente garantiti con quello dell’opportunità e della professionalità. Zampogna ha assistito boss mafiosi, di Cosa nostra e della ’ndrangheta, ma Forza Italia l’ha imposta nel comitato antimafia della Regione Lombardia. Dopo giorni di dure polemiche, si è finalmente dimessa, ma con una motivazione da gioco delle tre carte. “Sono vittima di un linciaggio mediatico, ignobile quanto gravemente diffamatorio, che ha leso la mia dignità, la mia storia professionale e le mia immagine pubblica”, ha dichiarato. “Non ho voglia di confrontarmi con persone a digiuno delle più elementari regole del diritto e dei principi costituzionali”.

Fa la vittima, sostenendo che i suoi critici attaccano il diritto alla difesa, costituzionalmente garantito anche al più terribile dei boss. Naturalmente imbroglia le carte, perché nessuno nega il diritto dei mafiosi a essere difesi. Invece è facile da capire – non occorre scienza giuridica, basta il buonsenso – che è inopportuno che chi ha difeso un mafioso si trovi magari ad ascoltare le vittime del suo cliente convocate dall’organismo antimafia. Come basta il buonsenso per capire che un violentatore ha diritto alla difesa, ma non per questo il suo avvocato acquista titoli per entrare in un organismo contro la violenza sulle donne. Per far parte dell’antimafia, è necessario avere competenze ed esperienze non in generale, ma nel campo del contrasto alla criminalità organizzata.

Nel secondo caso, si confondono – volutamente – il piano penale e quello politico. Dopo il crollo del ponte di Genova, il governo ha annunciato la volontà di ridiscutere la concessione alla società Autostrade per l’Italia, controllata dal gruppo Benetton. “Questo è giustizialismo, populismo giudiziario, aberrazione antigarantista, condanna prima di avere accertato le responsabilità”, dicono i critici, a destra e a sinistra. Anche qui, si fa il gioco delle tre carte. Sul piano giudiziario, l’inchiesta penale farà il suo corso e con i tempi (lunghi) della giustizia stabilirà se ci sono responsabilità penali nel crollo del ponte Morandi.

Ma se i magistrati devono perseguire gli eventuali reati, chi ha il compito di governare deve considerare i fatti. A Genova i fatti sono che un ponte è crollato, che il concessionario non ha impedito la sciagura, che i soldi messi per le manutenzioni, per salvaguardare la sicurezza dei cittadini, sono pochi e quelli per remunerare il capitale e fare investimenti all’estero sono tanti (una remunerazione del capitale di oltre il 10 per cento per un business che è un monopolio sostanziale di un bene pagato con i soldi dei cittadini è uno scandalo nello scandalo). Ridiscutere la concessione e, più in generale, il sistema delle concessioni mi pare la naturale reazione di buonsenso al crollo di Genova. Ma gli interessi sono più forti del buonsenso e la propaganda prova ancora a imbrogliare le carte, a Milano come a Genova.

Il Fatto quotidiano, 7 settembre 2018
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