MILANO

Sala: ecco la Giunta della Nazione

Sala: ecco la Giunta della Nazione

La Giunta della Nazione è fatta. Il nuovo sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha annunciato i nomi degli assessori. Sette uomini e cinque donne (dopo aver promesso che sarebbero stati pari, sei e sei). Manuale Cencelli alla mano, la poltrona di vicesindaco è andata alla Pd ultrarenziana Anna Scavuzzo, che fa marameo alla candidata che da tempo aveva prenotato quel posto, Cristina Tajani: aveva mollato Sel per diventare filo-Sala antemarcia e ora deve accontentarsi dell’assessorato a Commercio, attività produttive e lavoro. Marameo anche a Pierfrancesco Majorino, l’uomo che ha reso possibile la vittoria di Sala alle primarie e che avrebbe volentieri occupato l’ufficio del vicesindaco, ma resta solo assessore alle Politiche sociali.

L’assessorato più “pesante”, quello al Bilancio, ulteriormente arricchito della delega al Demanio, va a Roberto Tasca, professionista stimato con studio a Milano e cattedra di Scienze aziendali a Bologna, vicepresidente di Webank e di Bpm, presidente dell’organismo di vigilanza del Fondo Strategico Italiano e della Simest (entrambi di Cassa Depositi e Prestiti), nonché consulente nominato da Rcs sulle offerte d’acquisto Bonomi e Cairo. Oltre a tutto questo, Tasca ha il problemino di essere socio negli affari privati di Sala: è sua una quota di Kenergy, una delle società (produce energia elettrica) che Mr. Expo aveva “dimenticato” di dichiarare ai cittadini nella sua autocertificazione giurata del febbraio 2015 (per questo è iscritto nel registro degli indagati della Procura di Milano, reato ipotizzato: falso). “Non c’è alcun conflitto d’interessi”, ha tagliato corto Sala. I fedelissimi (residui) di Giuliano Pisapia ribattono però sottovoce: che cosa direbbe il Pd se altri sindaci (tipo Virginia Raggi o Chiara Appendino) fossero indagati, oppure nominassero assessore un loro socio in affari?

Altra new entry manageriale: Roberta Cocco, già dirigente marketing della Microsoft che ottiene la delega alla Trasformazione digitale dei servizi civici (ma occorreva un assessorato?). Roberta Guaineri, ottimo avvocato penalista, non si sa con quale competenza è assessore a Sport, turismo e tempo libero. Del resto, Gabriele Rabaiotti, architetto e urbanista, fa l’assessore ai Lavori pubblici e casa, mentre assessore all’Urbanistica e al verde diventa Pierfrancesco Maran, politico puro cresciuto alla scuola di Filippo Penati. “Lui all’Urbanistica vuol dire insediare il fronte affaristico del Pd in una casella chiave”, commenta Basilio Rizzo, candidato sindaco per la sinistra. Ai radicali che si erano apparentati con Sala al ballottaggio viene dato un contentino: Lorenzo Lipparini ha una delega alla Partecipazione e open data, qualunque cosa voglia dire. “Facevano tanto gli anti-partito, e si sono beccati pure un finto assessorato”, commenta Stefano Parisi, il candidato sindaco sconfitto da Sala.

Resta Filippo Del Corno (majoriniano) alla Cultura. Confermati anche Carmela Rozza e Marco Granelli, ma con misteriose rotazioni degli assessorati: Rozza, che aveva i Lavori pubblici, va alla Sicurezza (era lei che aveva sobriamente reagito pennellando di bianco un’auto in sosta vietata), Granelli dalla Sicurezza va a Mobilità e ambiente, dove prima stava Maran. “È il principio democristiano della intercambiabilità dei politici”, dice Parisi. A Sel solo uno strapuntino: Mirko Mazzali, che aveva annunciato di voler star fuori da tutto, ottiene una fumosa delega alle Periferie. I “garanti”, nomi di prestigio usati prima del ballottaggio per richiamare voti dati per persi (“Gli insegnanti di sostegno di Sala”, li hanno ribattezzati i maligni) sono tutti fuori dalla giunta. A Umberto Ambrosoli sarà dato un incarico per occuparsi della Città metropolitana, Gherardo Colombo farà parte di un non meglio identificato Comitato trasparenza e legalità, Emma Bonino si occuperà di relazioni internazionali di Milano (da Roma) e Linus (da Radio Deejay) non si sa.

 

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Il Fatto quotidiano, 28 giugno 2016
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